lunedì 7 dicembre 2015

NON POTETE IGNORARLI

Sono settimane, mesi, che penso a cosa scrivere. Che penso a come riprendere in mano questo blog. Non sapendo da che parte cominciare, per ora posto solo questa bellissima citazione che probabilmente racchiude tutto questo mio ultimo periodo.

" Dedicato ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Costoro non amano le regole, specie i regolamenti, e non hanno alcun rispetto per lo status quo. Potete citarli, essere in disaccordo con loro, potete glorificarli o denigrarli, ma l'unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli, perché riescono a cambiare le cose, perché fanno progredire l'umanità. E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi li consideriamo dei geni. Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero. »

giovedì 20 agosto 2015

FARE DI NECESSITÀ VIRTÙ

Ferragosto a Milano, tutti in vacanza.
Io invece lavoro. Orario ridotto, ma pur sempre lavoro.
Alexander sta benone nella pancia della mamma e sembra non abbia voglia di uscire da lì.
Devo quindi inventarmi qualcosa per far passare questa lunga giornata nel migliore dei modi.
Un ferragosto alternativo.
Faccio l'appello, presenti Anna e Spike che sono già stati o andranno in ferie. Bene, mi organizzo.
Programma della giornata:
Ore 8.00, corsetta di 10 km con Anna al Parco Nord. Poi mega colazione bulgara tutti insieme.
Ore 11.00 - 19.00, lavoro con varie pause, è pur sempre ferragosto!
Ore 20.00, arrivano Spike e Raffaella. Si va tutti insieme a cena dai Fratelli La Bufala. Si ride e si scherza, si parla di gare future sempre più folli.
Il ferragosto è salvo ed è stato alternativamente bello.

16 agosto, diluvia.
Rientriamo da un giro di shopping con Rada. Sono sul divano, oggi non è prevista nessuna uscita di corsa.
Poi, in un attimo, l'illuminazione.
Piove! Sono settimane che fa un caldo boia, non posso perdere questa occasione.
Esco, non andrò al Parco Nord. C'è troppo fango. Opto per un percorso cittadino mai fatto, a Sesto San Giovanni. Saranno meno dei soliti 10 km ma è pur sempre meglio che stare sul divano.
Ne viene fuori una delle più belle corse degli ultimi tempi, fresca e bagnata di pioggia. Uno spettacolo unico che solo chi corre può capire.

È importante cogliere l'attimo, è importantissimo fare di necessità virtù. Ed io sono diventato uno specialista di questo, in questa estate strana e particolare!

sabato 15 agosto 2015

ALLENAMENTO CONTINUO

Incredibile davvero questo periodo!
Alexander si sta facendo attendere, ne sto approfittando per impegnarmi in un allenamento continuo come mi riesce poche volte nell'arco della stagione.
Alterno alla quasi quotidiana corsa (almeno 10 km e sempre con Anna), il nuoto (piacevole ritorno con un minimo di 1000 metri per volta) e soprattutto la grossa novità di addominali e flessioni con i preziosi consigli di Nico.
Ho anche avuto il tempo di fare un combinato nuoto+corsa no stop come non accadeva da secoli!
Sono in forma, mai avrei pensato di esserlo in questo periodo dell'anno!

domenica 9 agosto 2015

MIRACOLO A GOZZANO

È passato davvero troppo tempo dall'ultimo post, le mie giornate vanno al rallentatore e sono scandite dall'attesa del lieto evento.
Ci siamo quasi, manca ormai poco. Riesco ancora a ritagliarmi, quasi quotidianamente, il mio spazio per la corsetta nella solita cornice del Parco Nord. 

Ed è proprio per questa bellissima, anche se strana, routine che ciò che è successo lunedì 3 agosto ha ancora di più dell'incredibile. 

Ma procediamo con ordine.

Sono due anni che il Club Supermarathon Italia di cui faccio orgogliosamente parte dallo scorso dicembre, organizza una "10 maratone in 10 giorni" sul lago d'Orta. Già lo scorso anno avevo pensato di prendervi parte senza poi riuscirci per impegni vari.

Quest'anno invece, non l'avevo proprio presa in considerazione fino a quando l'arrivo a Milano di mia suocera mi ha permesso di "liberarmi" per una mattina dagli obblighi familiari. 

Ricevuto l'ok entusiasta di Rada (quando corro lei è felice perché sa che sto meglio e questo si ripercuote anche sul resto della giornata), ho telefonato al Presidente del Club Paolo Gino per confermare la mia presenza l'indomani. 

Incredibile: una maratona ad agosto, incastrata in turni di lavoro, quando mai avrei pensato di correrne una. E le sorprese non sono finite.

La cena della vigilia, al lavoro, è stata finalmente carica di carboidrati senza patemi d'animo alimentari ed alla sera, la preparazione della borsa è stata emozionante come non mai. 

La notte ho dormito poco per via del caldo e delle zanzare e la sveglia è stata quasi una liberazione.
Colazione abbondante e via in macchina per coprire gli 80 km che mi separavano dalla linea di partenza a Gozzano. Questa era situata al lido omonimo, all'interno della bellissima struttura gestita dall'amico Davide Daccò.
Il giro, da ripetere avanti e indietro per 4 volte, partiva da Gozzano per arrivare oltre il paese di Pella ricalcando gran parte del tracciato della Orta-Pella di fine giugno. 

Percorso davvero molto duro, reso ancora più difficile dal gran caldo che già dalle 9.00 del mattino non ha dato tregua.

Mi sono presentato al tavolo delle iscrizioni e mi sono fatto consegnare, finalmente, la canotta del Club SuperMarathon Italia oltre al pettorale di gara.

Foto di gruppo sulla spiaggia e siamo partiti. Fin dai primi metri sono nel gruppo di testa, dopo meno di un km rimaniamo in tre: io, un forte atleta pugliese (Antonio Nicassio, tra i favoriti alla vittoria finale) ed un austriaco. So benissimo che posso stare davanti perché la maggior parte degli atleti in gara deve gestire la fatica per 10 giorni consecutivi e siamo solo al terzo. Io, invece, ho da dare tutto solo quel giorno. Dopo un paio di km stacchiamo l'austriaco e restiamo soli io e Antonio. Si chiacchiera, nonostante si stia correndo a 5 min/km, la bicicletta apripista è qualche metro avanti a noi e ci indica il primo ristoro dove arriviamo per primi. Lì veniamo affiancati da un runner del posto che vuole allenarsi con noi, ci chiede il permesso e noi acconsentiamo subito. Ci terrà compagnia per una decina di km. È emozionante essere in testa, sto bene nonostante lo scarso allenamento sui lunghi delle ultime settimane. Arriviamo al primo giro di boa, oltre il km 10. Fa un caldo infernale ma teniamo botta. Intorno al km 15, Antonio perde terreno. Dice di avere una piccola crisi e giustamente deve gestire le risorse per i prossimi giorni. È come al Giro d'Italia, deve pensare alla classifica finale e non a quella di tappa.

Resto solo, in testa ad una maratona.

Onestamente, neanche nei sogni più assurdi, avrei mai immaginato di trovarmi in questa situazione. Devo gestire il vantaggio, cosa che è assolutamente nuova per me. Continuo a correre bene, forse troppo veloce. Passo alla mezza maratona in 1h47'. Erano anni che non andavo così veloce e siamo solo a metà strada. Grazie al percorso avanti e indietro, riesco a capire (almeno al giro di boa) il vantaggio che ho accumulato sugli inseguitori. Al secondo posto c'è l'austriaco, poi Rossella Verzelletti, fortissima atleta bergamasca. Antonio è più indietro. 

Stringo i denti, ad ogni ristoro bevo litri di acqua e coca cola. Il caldo mi sta devastando, ho le mani gonfie e non mi era mai successo, neanche nel Sahara.

Arrivo con molta fatica al km 30, al ristoro mi dicono che il mio vantaggio è aumentato. Inizio a crederci. So che è un gioco e che sono in testa solo ed esclusivamente per una serie fortuita di avvenimenti, so benissimo che quello non è il mio posto. Però sono contento di poter vivere anche questa avventura, proprio nell'ultima maratona prima di diventare papà. Non c'è dubbio sulla dedica per una eventuale vittoria.

Gli ultimi 10 km sono tra i più duri che abbia mai corso in vita mia. Un caldo terribile, con salite dure e strappi che mi costringono a camminare per qualche metro. La proiezione finale, che fino al km 30 era sotto le 3h45', naturalmente si dilata sensibilmente. 

Stringo i denti ancora di più, penso alla doccia fredda all'arrivo. Cerco di tenere un passo decente, arrivo all'ultimo ristoro e mancano solo 5 km. Mi fermo e bevo tantissimo. Ricevo gli incitamenti di tutti gli atleti che incontro nell'andirivieni della gara. 

Si entra nel bosco, mi volto ma non vedo nessuno. Manca 1 km ma sembra una vita.

Finalmente rivedo il lago e con esso il lido di Gozzano, ci siamo. È fatta!

Vinco la prima (e molto probabilmente ultima) maratona della mia vita, passando il traguardo in 3h50'57". Sono scoppiato, non ne ho più. Mi siedo e bevo, bevo tanto.

Mando un sms a Rada, le dico che ho vinto. Mi chiama, è felicissima per me. Aspetto il secondo classificato, l'austriaco. Arriva con un distacco di 13 minuti. Mi butto nelle calde acque del lago d'Orta, starei lì per ore ma devo tornare.

Doccia, medaglia, saluti e salgo in macchina per il ritorno. Avviso gli amici di questa bella avventura, incredibile come una cosa nata dal nulla sia diventata un'esperienza indimenticabile. 

Rientro a Milano per pranzare con la mia dolce metà e per andare poi al lavoro. 

Per un giorno, ho vissuto una situazione che non è la mia. È stato bello stare davanti in una maratona, in solitaria anche solo per una volta. Ho vinto perché i forti non c'erano e perché gli altri dovevano gestirsi, ma tutto questo non può scalfire la stupenda avventura nella quale mi sono ritrovato. Solo la corsa, quella che piace a me, può regalare emozioni così intense.

Viva la Corsa!

venerdì 10 luglio 2015

DEGNA CHIUSURA

E così anche la stagione 2014/2015 è finita. Come ogni anno è l'Alpemarathon a chiudere il calendario delle competizioni (e la Sgamelà d'Vigez le riapre), più che altro perché ad agosto c'è poco da correre in giro oltre ad essere, per definizione, il mese delle ferie.

Alpemarathon vuol dire fatica, salite, discese, bellissimi paesaggi e gruppo. Quest'anno ben 16 atleti di Novara Che Corre si sono cimentati nella distanza regina con 3 esordi assoluti: Frank, Eliana e super Loris. Tutto ciò ci ha permesso di vincere per il terzo anno consecutivo il premio per il gruppo più numeroso.

Alpemarathon per me ha voluto dire anche la maratona/ultra numero 60, una bella cifra tonda che mi riempie d'orgoglio. Finalmente il Club Supermarathon mi ha consegnato la toppa di tessuto che simboleggia il raggiungimento delle 50 maratone corse e l'entrata nel club (traguardo che ho raggiunto a dicembre 2014 alla Puglia Marathon).

Ora davanti a me ho la gara più bella ma anche più impegnativa. Le mie corsette di allenamento al Parco Nord non vanno oltre i 10 km e sono incastrate tra i vari montaggi di culle e fasciatoi!! Manca meno di un mese alla scadenza e all'arrivo di Alexander. Non vedo l'ora di arrivare con lui al traguardo delle prossime avventure!

Anche in questo caso #nonsimollauncentimetro!!!!

sabato 13 giugno 2015

IN FORMA

112 km in una settimana di questi tempi non sono male!
Pensavo di non trovare le giuste motivazioni ed invece ecco che salta fuori un super allenamento lungo 7 giorni!
Dopo i 31 km di sabato, i 21 km di domenica ed i 10 km al Parco Sempione di lunedi, ho corso ancora un bel 10 km mercoledì in solitaria e la stessa cosa ho fatto il giorno seguente.
Oggi, complice la giornata libera dal lavoro e per concludere degnamente la settimana, ho corso ben 30 km con l'inseparabile Anna.
Con lei, non finirò mai di ripeterlo, il tempo vola tra chiacchiere e progetti, risate e discorsi più seri. Anche oggi oltre 3 ore di corsa senza sentirle, concluse con un buon pranzo da atleta.
Avanti così, ho buone sensazioni e sono contento per questo momento inaspettato di forma. Sono dimagrito e sto cercando di mangiare bene, che per me è la cosa più difficile...!
La stagione è comunque finita (Alpemarathon a parte), ci saranno priorità ben più "faticose" ma sicuramente molto più belle....Alexander quando arriverà, troverà un papà in forma smagliante e sempre sul pezzo!

lunedì 8 giugno 2015

LA GIUSTA DIMENSIONE

L'1 maggio ero al via della UltraMilano-Sanremo.
Il 31 maggio ero all'arrivo della 100 km del Passatore.
Come sempre maggio è il mese delle grandi sfide che, se da un lato ti lasciano dentro fortissime ed indimenticabili emozioni, dall'altro ti "buttano" in una centrifuga dalla quale ogni volta è difficile uscirne.
Si perde la normale routine: la corsetta con gli amici, il ritrovo serale, l'accoppiata corsa + pizza che tanto mi piace. In fondo sono proprio queste le cose che mi piacciono di più, lo sport come mezzo per stare in compagnia ed avere momenti di aggregazione.

Per fortuna maggio è ormai alle spalle e piano piano si rientra alla normalità. 
Così, complice il fatto di non potermi allontanare troppo da casa per l'imminente arrivo di Alexander, ho chiesto ai soliti amici di organizzare due uscite di corsa sabato e domenica.

Sabato follia pura: ritrovo alle 14.30 con l'inossidabile Sara ed il grande ritorno di Frank e poi via di corsa nei 34 gradi del Parco Nord. Tre giri del percorso lungo per un totale di 31 km portati a casa, con gli ultimi 3 km di una sofferenza inaudita! Più tardi al lavoro ero ancora distrutto!
Domenica un'altra bella corsetta, sempre al solito posto, stavolta con Anna
Con lei, chiacchierando di tutto, potrei correre per tre giorni senza accorgermene. Ritrovo alle 9.00 per evitare almeno in parte il grande caldo, caffè d'ordinanza e 21 km tranquillissimi. Quando corro con Anna il tempo vola, ci sono delle bellissime vibrazioni. La corsa è solo un motivo in più per ritrovarsi, per fare due chiacchiere, per progettare cose belle future. La giornata non può che iniziare bene! Questa è la corsa che piace a me!

Insomma, siamo rientrati nella giusta dimensione delle cose. Sanremo e Faenza sono i picchi altissimi di una vita sportiva che è però è principalmente fatta di queste piccole cose, come il doppio allenamento con gli amici. 
Questo è il motivo per cui corro e non lo cambierò mai.




venerdì 29 maggio 2015

SLIDING DOORS

Ho ripensato spesso a questi ultimi anni nei quali la corsa è entrata di prepotenza "immergendosi", che lo volessi o meno, nella mia vita a 360°.

Mi sono tornati alla mente alcuni episodi particolari, alcuni "bivi" che hanno caratterizzato poi le mie scelte future e quindi il proseguo della mia vita sportiva. Scelte che potevano anche essere diverse e chissà come sarebbe andata a finire.  Una sorta di Sliding Doors (come il film del 1998 diretto da Peter Howitt con Gwyneth Paltrow come protagonista principale) podistico!

Ed ecco le mie sliding doors:

Fine agosto 2010, Novara. 
La mia vita non stava andando esattamente come volevo io. Preso dalla voglia di spaccare il mondo mi ero iscritto alla 100 km del Sahara il cui motto era "l'estremo comincia da qui".
Ero proprio alla ricerca di questo, di un po' di estremo per dare una scossa a quelle giornate particolarmente vuote che stavo vivendo. Era una gara alla quale pensavo già da parecchio tempo ed era giunto il momento di confrontarmi con essa. I mesi di avvicinamento erano passati tra scarsi allenamenti e molti dubbi, che erano rimasti tali anche dopo il meeting al quale avevo partecipato con Rada circa un mese prima della partenza per l'Africa.
Poi, a soli 3 giorni dal via, con i biglietti aerei già in mano, l'organizzazione aveva annullato la gara per i disordini in Libia con conseguente esodo di migliaia di persone sul confine con la Tunisia (luogo nel quale si sarebbe dovuta svolgere la manifestazione).
Per me un colpo durissimo.
Dopo giorni a rimuginare, ecco il bivio:
1) aspettare il prossimo anno e continuare con le sfide semplici?
2) cercare l'estremo in ogni caso e sfidarlo fin da subito?
Era sera, ero al lavoro, di colpo un'illuminazione: non posso correre 100 km a tappe nel deserto ma io volevo l'estremo: farò 100 km no stop, avrò l'estremo che cercavo.
Ed ecco che mi sono iscritto alla mia prima 100 km del Passatore, esperienza affascinante ed indimenticabile. Da quel momento in poi mi sono dedicato alle ultramaratone. Se non fosse saltata la 100 km del Sahara, sarebbe successo tutto questo?

Luglio 2012, Asolo.
Poco più di un mese prima ho corso per la seconda volta la 100 km del Passatore, stavolta senza particolare fatica. Mi rendo conto di essere resistente e che la distanza a tre cifre è alla mia portata, sento di poter correre una 100 km senza particolari problemi così, dopo non pochi ripensamenti, decido di iscrivermi ad Asolo. Una tra le 100 km più dure d'Europa.
Ci arrivo scarico, stanco e poco informato. Sono convinto che dal km 75 in poi la strada sia in discesa, ma non è così. Quella notte muoio e rinasco molte volte, supportato dall'amico Andrea che non mi abbandona e arriva al traguardo insieme a me. Quando passo la finish line dopo oltre 14 ore, non ne ho più. Sono svuotato fisicamente e mentalmente.
In quel momento nella mia testa c'è un bivio: continuare a correre su queste distanze che mi fanno ancora soffrire o tornare alle maratone? Sono molto propenso a pensare solo alle 42 km e con questo pensiero mi butto sotto la doccia e poi sulla brandina per dormire.
Quando mi sveglio, 3 ore dopo, guardo la medaglia che ho al collo.
Ripenso alla notte tremenda che ho appena passato, ad Andrea che non mi ha abbandonato, ad Alina che è un esempio, ad Heros che mi ha accompagnato in questa avventura, agli amici che da casa mi hanno seguito.
In quel momento realizzo che sono un ultramaratoneta, che sono duro a morire e che non mollo mai. Torno a casa, con Heros, consapevole che qualcosa è cambiato per sempre. Quella notte sono diventato un ultra, nel vero senso della parola. Ho realizzato che le avventure non sarebbero finite lì, anzi.

Dicembre 2014, Milano.
Da anni ormai sono nel mondo delle ultramaratone. Penso che il punto più alto per un ultramaratoneta sia il traguardo della Spartathlon, la Corsa degli Dei. Toccare la statua di Re Leonida a Sparta, dopo 246 km di follia. È il Sogno per eccellenza. È difficilissimo anche solo qualificarsi per una gara del genere, devi avere dimostrato di essere in un' élite di uomini resistenti. Hanno addirittura reso ancora più stretti i numeri di questa gara. Nonostante tutto ciò, ci sono. Sono dentro per soli 18 minuti ma ci sono. Io, ex sovrappeso da divano, mi sono meritato la possibilità di correre da Atene a Sparta, come fece Filippide.
Ma ecco che, quando tutto sembra indicare una trasferta in terra greca, arriva la più bella delle notizie: divento papà ad agosto! La corsa naturalmente scivola subito in secondo piano, Sparta può rimanere un sogno e tale rimarrà.
Proprio in quei giorni però, leggo dal sito che si sta cercando di organizzare la seconda edizione dell'ultramaratona più lunga d'Europa: la UltraMilano-Sanremo. Ecco il bivio, niente Sparta. Si va a Sanremo. E la storia di come è andata a finire, la conosciamo tutti!!!

lunedì 25 maggio 2015

LA DOMENICA PERFETTA

In questa settimana di avvicinamento alla 100 km del Passatore sono riuscito a piazzare ben 4 uscite che è una gran cosa vista la pigrizia del post UMS.
In totale ho corso 38 km a passo lentissimo, d'altronde più di così non riesco e le mie gambe sono ormai "bloccate" su questa andatura.
Sabato pomeriggio, nella splendida cornice del Parco Nord, ho fatto una bella corsetta di 10 km con Anna sotto una pioggerella che non ci ha disturbato più di tanto.
L'apice della settimana sportiva è stato come sempre domenica.
La domenica perfetta!
Ritrovo alle 10.45 a Novara (orario da signori e da recupero sonno!), corsa di 12 km con giro dei baluardi (classico percorso cittadino novarese) con Gully, Andrea, Bomber, Pizz e Pino.
Collegamento costante con gli amici, tantissimi, impegnati nella mitica Nove Colli Running tramite Facebook. Questa gara è emozionante anche a viverla da fuori. Ancora più emozionante è stato ricevere la telefonata del mio amico Mauro Firmani a soli 16 km dall'arrivo!!!
Grandissimo Mauro e bravi tutti!!!!
Finita la corsa siamo andati a casa di Pino, doccia e pranzo (immensa la sua carbonara calabrese piccante) ed infine tutti insieme ospiti a Radio Onda Novara dalla nostra amica giornalista Elena Mittino.
In radio abbiamo parlato di ultramaratone passate e future, di come si diventa ultra, di come si gestiscono 200 km di corsa e di progetti futuri. Esperienza molto bella che spero di rifare presto! Grazie a Federico e OJ!
Rientrato a Milano, accendo la tv ed il palinsesto cosa propone?
Forrest Gump...la giornata non poteva che concludersi così!!!

mercoledì 20 maggio 2015

LA LENTA RIPRESA

Pian piano la vita podistica riprende.
La UMS ha lasciato il segno, nell'anima più che nel fisico.
Le vesciche, che stanno guarendo, sono nulla in confronto al tourbillon di emozioni che ancora sento addosso.
Ritornare a correre dopo quelle 45 ore non è stato facile.
Domenica mi sono concesso un bel giretto di 15 km al Parco Nord con Luke, giusto per riprendere confidenza con il "campo di battaglia".
Lunedì con gambe di marmo, mi sono costretto ad un'uscita di 7 km con l'ormai consolidato metodo di lasciare la macchina a Rada e tornare di corsa a casa.
Martedi ultimo super festeggiamento post UMS con i ragazzi del team presso Borntorun (grazie Stefano!) ed infine ieri una bellissima corsetta di 9 km, fortemente voluta, con Pino alla Montagnetta!!
Quasi non ci penso, ma tra 9 giorni c'è il Passatore.
Ci arrivo abbastanza scarico di testa ma non potrebbe essere altrimenti. Sapremo comunque tenere botta fino a Faenza. Garantito.

sabato 16 maggio 2015

ULTRAMILANO-SANREMO, IL RACCONTO

Taggia (IM). Domenica 3 maggio 2015. Ore 6.40 circa.
Sto correndo ininterrottamente da mezzogiorno di venerdì.
Ho lasciato alle spalle, uno dopo l’altro, una marea di km. Circa 271. Il Sogno è molto vicino, soltanto 14 km mi separano ormai da Sanremo. Il sole si sta alzando nel cielo della terza giornata consecutiva di corsa.
Chiedo per la milionesima volta al mio team dell'acqua. Nonostante le oltre 40 ore sul pezzo, in due secondi vedo spuntare sia a destra che a sinistra due bottigliette da mezzo litro già sapientemente prive del tappo per agevolarmi. Il mio team è lì con me, ancora una volta. Fino alla fine.
Succede qualcosa che non mi era mai capitata prima: scoppio in un irrefrenabile pianto di gioia. Mi chiedo cosa possa avere fatto di così buono per meritare tutto questo. Perché 7 ragazzi mi stanno supportando, incitando, aiutando da due giorni senza sosta, senza chiedere nulla in cambio? La loro prontezza, il loro ottimo servizio, il loro essere così amici mi commuove fino alle lacrime. Perdo la corazza del duro e mi lascio andare. Questi ultimi 14 km me li mangerò, li distruggerò uno dopo l'altro fino al trionfo. 
In quel preciso momento realizzo che ce l'ho fatta, anche se stavolta è diverso. Sarebbe più corretto dire "ce l'abbiamo fatta".
Senza di loro, senza i miei amici, non sarei andato da nessuna parte.

È possibile innamorarsi di una gara, specie così lunga?
Fino a qualche tempo fa avrei detto proprio di no. Ogni gara, seppur bella, alla fine mi aveva stancato tanto da farmi dire ogni volta che non l’avrei mai più corsa.
Eppure stavolta è successo.
 Il mio rapporto con la UltraMilano-Sanremo non è stato sempre dei migliori, anzi. Non avrei nemmeno dovuto correrla. Il mio sogno, che tale è rimasto e probabilmente rimarrà, era la mitica Spartathlon: la cosiddetta “corsa degli Dei”, 246 km da Atene alla statua di Re Leonida a Sparta in 36 ore di tempo massimo. Questa competizione viene giustamente considerata la più dura del mondo ed ogni anno vengono irrigidite le qualifiche per potervi partecipare. Per l’edizione 2015 ero qualificato per soli 18 minuti e ci avevo fatto ben più di un pensiero.
Poi, la lieta notizia di un figlio in arrivo per la metà di agosto mi ha naturalmente fatto cambiare tutti i programmi e non me le sono più sentita di affrontare una simile avventura poco dopo la nascita.
Proprio in quei giorni (era più o meno dicembre) è arrivata la notizia che ci sarebbe stata la seconda edizione della UltraMilano-Sanremo con molte novità rispetto alla prima, tra cui il cambio di data da fine marzo ai primi di maggio e soprattutto l’aumento delle ore a disposizione per chiuderla (da 42, impossibile per me, a 48).
Insomma, il periodo era buono, i cancelli orari pure quindi non ho perso tempo ed ho spedito agli organizzatori il curriculum. In poche ore la loro risposta positiva mi ha proiettato in questa gara che, solo a pensarci, mi dava i brividi.
I numeri erano stati fin da subito chiari: da Milano a Sanremo, lungo il percorso della classica ciclistica, su strade aperte al traffico, con lo scavalcamento del passo del Turchino, con l’arrivo sul mare a Voltri e con tutta la mitica Aurelia da correre fino alla città dei fiori. 285 km no stop, 14 checkpoint, 3 cancelli orari, team di supporto obbligatorio, semi autosufficienza e soprattutto 48 ore di tempo massimo.
I mesi di avvicinamento alla competizione si sono susseguiti tra allenamenti più o meno fantasiosi, con il supporto di amici che pian piano sono diventati una grande famiglia. Nelle settimane precedenti alla gara ho conosciuto prima virtualmente, poi di persona, alcuni compagni di avventura "fuori di testa" come me con i quali abbiamo condiviso questa incredibile avventura tra i quali la grandissima Paola Coccato, già iscritta lo scorso anno, e Julius Iannitti.
Ho scelto uno per uno i membri del team di supporto che mi avrebbero accompagnato lungo tutta la strada e dopo molti studi, la scelta è ricaduta su 7 persone fidatissime. L’impegno, d'altronde, sarebbe stato tosto soprattutto per loro perché due giorni in giro in macchina non passano più. Ho scelto anche in base al fatto che alcuni di loro avrebbero dovuto correre un bel numero di km in preparazione del Passatore e quindi sarebbero stati perfetti come passisti durante la gara.
Carichi a molla, organizzati fino ai minimi dettagli, con la giusta (ma mai troppa,in fin dei conti è un gioco) tensione ci siamo presentati venerdì 1 maggio 2015 all’Alzaia del Naviglio Pavese a Milano luogo scelto per la partenza della gara.
Sono tranquillo, vivo l’attesa molto bene, scherzo con tutti. Non ho ancora realizzato quello che sto per fare. Bevo un caffè al bar vicino allo start con i ragazzi. Qui, mentre sono seduto a rilassarmi, succede una cosa alla quale ripenserò molto durante la gara: il grande Joao Oliveira (per chi non lo conoscesse, uno dei più forti ultramaratoneti del mondo vincitore della Spartathlon e della TransOmania tra le altre) che avevo conosciuto di persona il giorno prima al meeting pre gara, seduto accanto a me nel bar, mi lancia due bustine di zucchero per attirare la mia attenzione. Quando mi giro verso di lui mi dice: “ci vediamo a Sanremo!” con tono deciso, quasi un ordine! Lì per lì non ci ho pensato, poi ho realizzato che uno dei più grandi mi aveva incentivato a farcela, come se fossi un suo collega. Molto orgoglioso per quello che aveva fatto, gli rispondo di sì con un cenno della testa. Questo aneddoto non lo dimenticherò mai!
Manca ancora un’ora al via, arrivano anche Antonella, Ettore e tutto il team della Via della Felicità. Sono lì per salutarmi! Ricevo anche la graditissima visita di Stefano,Monica e dei loro bambini. Mi fa davvero piacere pensare a tutti questi amici venuti apposta alla periferia di Milano in un giorno di festa solo per augurarmi di “vivere” una buona avventura. Questa cosa mi carica ancora di più!
Queste sono gare “di testa” ed una testa “carica” vale molto di più di gambe allenate!
Facciamo tantissime foto, arriva anche Stefano Pizzella che non vedevo da un bel po’ e anche questa visita mi riempie di gioia. Ho con me parecchie magliette di varie associazioni di amici con le quali ci tengo a correre un pezzo di strada. I km di certo non mancano:285 km sono 7 maratone consecutive, posso usarne una a maratona! Ho la maglia dell’Abbraccio della mia amica Simona, quella degli XRunners che corrono per Emergency del mio amico Franz, naturalmente non può mancare il Passo Capponi del vulcanico Alessio Guidi e poi, immancabile per me fiero testimonial, la maglietta ufficiale della Via della Felicità!
Quando mancano pochi minuti a mezzogiorno, Michele Graglia (l’organizzatore della gara di quest’anno, l’uomo che ha fatto diventare grande questa ultramaratona così affascinante) chiama a raccolta gli atleti e li fa posizionare dietro lo start. Siamo pochi, 28 per l’esattezza. Inizia l’appello con nome e numero di pettorale ed è emozionante sentire il mio nome vicino a quello di mostri sacri come il portoghese Oliveira, lo svizzero Fatton, l'americana Liz Bauer e tanti altri. 
Per me, ex sedentario sovrappeso anti sportivo, anche solo il fatto di esserci, di essere lì in quel momento è un’enorme vittoria.
Chi l’avrebbe mai detto? 
In un attimo ripenso agli inizi, alle prime corsette, alla prima ora ininterrotta di corsa, alle prime gare. Guardo verso il basso e vedo il mio pettorale numero 25, una fortissima emozione mi pervade.
Si va.
Alle 12.08 parte la UltraMilano-Sanremo, l’ultramaratona su strada più lunga d’Europa. Attraverseremo 54 comuni, svariate province e ben tre regioni.
I primi 30 km fino a Pavia sono tutti sulla pista ciclabile che costeggia il naviglio, qui la macchina del team ha difficoltà ad avvicinarsi e l’organizzazione ha previsto un ristoro volante fornito dai ciclisti che ci accompagnano lungo questo tratto. Corro bene, purtroppo quasi sempre da solo. Ogni tanto raggiungo o vengo raggiunto da altri atleti ma per il resto è una corsa solitaria. Al km 12, dopo circa un’ora e venti di gara finalmente rivedo i ragazzi della squadra. Sono tutti concentrati, pronti a dare il loro contributo (e lo daranno eccome). Chiedo loro di stare più vicini, 12 km sono tanti. Li voglio vedere più spesso!
Si continua sul naviglio, strada abbastanza noiosa e monotona più che altro perché continuo ad essere da solo. Correre da soli non mi piace, va bene per qualche km ma poi è pesante. Per fortuna ho 7 amici che tra poco scenderanno in strada al mio fianco.
Finalmente da lontano scorgo le prime case di Pavia, conosco bene la strada per averla fatta milioni di volte in treno. Continuo a correre ed entro nel centro della città dove incontro le prime rotonde (quante ne vedrò fino a Sanremo!). Il team mi aspetta e mi indica la strada, sbaglio solo una volta ma la segnalazione è davvero molto buona. Michele ed i suoi ragazzi hanno davvero fatto un ottimo lavoro. Corro lungo le strade del centro, fino al ponte sul Ticino, quante volte ho percorso questa strada in macchina. Mi fa un certo effetto essere lì in veste di podista. Si esce da Pavia, si segue la statale con le macchine che sfrecciano a fianco. Dobbiamo obbligatoriamente stare sul lato sinistro della strada in modo da avere il traffico che scorre verso di noi e non viceversa. E’ un momento non bellissimo perché mi sto annoiando e questo è molto pericoloso in gare del genere, dove il morale deve necessariamente essere sempre alto.
Siamo intorno al km 40, la distanza non è segnata da nessuna parte e questa diventa ben presto una difficoltà in più da gestire. Naturalmente non ho il Garmin con me, non servirebbe granché viste le tante ore consecutive che devo correre. Siamo quasi ad una maratona, ne mancano ancora sei prima di Sanremo. Meglio non pensarci e dividere la fatica in sezioni più piccole e soprattutto più sopportabili.
I ragazzi del team sono fantastici, nemmeno per un secondo mi sento solo; il loro appoggio è costante e preziosissimo.
Passo il ponte sul Po, un altro pezzo di asfalto è andato. Da lontano intravedo una sagoma inconfondibile, vestita con colori decisamente sgargianti e fluorescenti: Nico De Marco. Sarà lui il primo passista, il primo dei ragazzi a scendere in strada per correre con me! Il mio morale si alza subito, finalmente qualcuno con cui scambiare due chiacchiere! Come sempre mi capita, inizio a parlare tantissimo specie di aneddoti legati al mio ormai lontano esordio nelle corse podistiche. Gli racconto del primo paio di scarpe che ho comprato, della prima garetta non competitiva, della prima mezza. Questi ricordi, anche se ormai triti e ritriti mi scaldano sempre il cuore.
Passano i km, quasi non li sento, per ora scorrono via lisci. Nico mi saluta ed al suo posto arriva Luca, che gestirà egregiamente il live della pagina Facebook per oltre 40 ore. Con Luca si continua a chiacchierare, non mi accorgo nemmeno che forse sto correndo troppo veloce ma sto bene e questo è quello che conta.
Arrivo a Montebello della Battaglia, primo checkpoint della gara, al km 56.
Un applauso mi accoglie sotto il gazebo della Croce Rossa dove prendono nota del nome e del numero di pettorale. Mi siedo tre minuti, giusto il tempo di mangiare velocemente un piatto di pasta preparato da Ilaria e riparto sempre con Luca al mio fianco. Mi dicono che sono decimo in classifica e questa notizia mi fa strano: mai in vita mia ero stato così in alto in classifica, poi penso che siamo pochissimi e tutto torna alla normalità.
Riparto puntando verso Voghera, Luca sente un fastidio al ginocchio e si ferma. Ora tocca a Gully.
Gully vuole correre una trentina di km il primo giorno e 42 il giorno successivo, questo mi piace perché vuol dire che avrò sempre qualcuno con cui dividere la strada, spero fino alla fine.
Ricominciano le chiacchiere, ogni nuovo compagno di corsa deve sorbirsi tutti i vari aneddoti che racconto. Loro sopportano ed io svago la mente, questo mi porta a macinare km con facilità senza sentire nessun fastidio. Le gambe sono sciolte e vanno molto bene, i dubbi della vigilia sembrano svaniti. Il tendine d’Achille tiene alla grande, insomma sembra la gara perfetta.
Arriviamo a Voghera dove ricevo la gradita sorpresa di trovare il mio collega di lavoro Graziano sulla strada. Un mese prima mi aveva detto che la UltraMilano-Sanremo passava proprio sotto casa sua e che si sarebbe fatto trovare pronto per incitarmi, quando lo vedo sono davvero felice. Mi sta riprendendo con lo smartphone e rivedere il video tempo dopo la gara sarà davvero emozionante.
Lasciamo Voghera, ormai è quasi sera. Inizia a calare il sole e la temperatura si abbassa. Indosso uno smanicato e continuo a correre. Nel frattempo, tramite il lavoro di Heros, arrivano tantissimi messaggi audio che poi mi vengo fatti sentire tramite il suo immancabile megafono. Puntiamo a Tortona e ci arriviamo dopo alcuni km fastidiosi con vento contrario che ha ostacolato non poco la nostra marcia. Siamo al km 84, due maratone sono andate. Ne mancano 5, mancano 201 km al traguardo. In pratica manca una Nove Colli Running. Scaccio subito questo tremendo pensiero dalla mente.
Il secondo checkpoint non arriva mai, ho un primo momento di sconforto. I ragazzi chiedono informazioni all’organizzazione, io voglio solo arrivare per fare il punto della situazione e prepararmi per la lunga notte che mi attende. Quando tutto sembra nero e senza soluzione, come un’oasi nel deserto spunta il secondo checkpoint, spostato per motivi logistici di un paio di km. Siamo al km 88, sono strafelice di potermi cambiare e rifocillare. Sono su di giri perché mi rendo conto di stare bene sia fisicamente che mentalmente, vengo addirittura intervistato dagli organizzatori ed il video, messo subito online sul sito della gara, verrà visto da oltre 2500 persone! Mi sono rivisto anche io qualche giorno dopo ed è sinceramente impressionante la mia tranquillità dopo quasi 90 km di corsa.
Il bello è che io non me ne rendo conto, per me la corsa è un gioco fatto da uno scopo (arrivare al traguardo), con delle barriere (le difficoltà della gara) e con delle libertà (la bellezza del correre per tante ore). Mi piace e lo faccio perché mi diverto, non ci sono altri motivi.
Riparto rinvigorito nel fisico e nello spirito, stavolta tocca ad Ilaria che deve prepararsi per la 100 km del Passatore e ha in tabella un bel lungo di 75-80 km. Niente di meglio per me, vorrà dire che avrò lei al mio fianco fino a Voltri. Fino al mare.
Ancora non sappiamo, né io né lei, che quella che sta per iniziare sarà una notte indimenticabile.
Ormai siamo in vista del km 100, per un piccolo pezzo di strada corre con noi il mitico Alessio Malena che ha la bellezza di 64 anni ed il fisico di un ventenne e che finirà la gara con uno stratosferico nono posto.
Il km 100 è a Novi Ligure. Guardo il cronometro: 11 ore e 43 minuti, è il mio personale sulla distanza. Mai avevo corso 100 km così “veloci”. Forse è una follia, mancano ancora 185 km. Però sto bene, continuo a stare molto bene e penso che sia meglio mettere “fieno in cascina”.
Come mi aveva promesso, trovo il mio amico Toma che mi aspetta ed anche in questo caso sono felicissimo. Pensare che lui sia lì per me, a mezzanotte, di un venerdì sera mi riempie di orgoglio. Mi saluta, facciamo un selfie e camminiamo per qualche centinaio di metri parlando della gara. Gli dico che sto bene e lui, guardandomi, conferma. Lo saluto, lo ringrazio calorosamente e riparto verso Basaluzzo.
A Basaluzzo succede una cosa incredibile: ad aspettarmi e a fare il tifo per me trovo Claudio Lauretta con la sua famiglia. Lui è il più bravo imitatore italiano, ha lavorato in tv e a Radio Deejay, ha partecipato ad Italia’s Got Talent ed a molti altri programmi. Anche lui è lì per me! Lo saluto, quasi non ci credo. Facciamo un selfie che poi metterà su Twitter, lo ringrazio. Non so cosa dire! Lascia anche un audio della sua celebre imitazione di Sgarbi sulla nostra chat atleti di Novara Che Corre.
Riparto carico, Toma e Claudio mi hanno davvero emozionato e non finirò mai di ringraziarli.
Con  Ilaria si parla di tutto, siamo davvero affiatati. Lei è tosta e non molla un colpo, corriamo bene nonostante i km ora siano davvero tanti. La strada prosegue, si percorrono strade statali così come strade secondarie poco illuminate. La gente che incontriamo ci guarda stralunata, non capisce cosa stiamo facendo. Non ci proviamo nemmeno a spiegarlo perché non capirebbero.
Il ritmo cala decisamente, la stanchezza comincia a farsi sentire. Per ora non ho sonno per fortuna. Lentamente arriviamo al primo cancello orario situato nel terzo checkpoint ad Ovada. Siamo al km 122. Ho oltre due ore di anticipo sul tempo massimo e questo mi rincuora. Ho tutto il tempo per riposarmi, mangiare, cambiarmi e ripartire con calma. Entro e come sempre lascio nome e numero di pettorale, mi dicono che sono nono in classifica. Mi siedo, mi cambio, cerco di rilassarmi ma non ci riesco molto. L’adrenalina scorre a fiumi, sono sul pezzo. I ragazzi sono tutti lì intorno a me, è una situazione surreale. Siamo in piena notte, in una sede della Croce Rossa sperduta tra le valli e non siamo nemmeno a metà di una gara folle di 285 km no stop.
I volontari del checkpoint mi chiedono se ho intenzione di continuare, li guardo infastidito da questa inutile domanda. Certo che continuo, sono lì apposta e con me ci sono 7 amici indistruttibili che non mi lasceranno solo un momento. Esco dalla calda ed accogliente oasi e mi butto per strada, al freddo ed al buio. La lunga lingua d’asfalto inizia a salire, si va verso Masone, ultimo checkpoint prima del temibile passo del Turchino. Le salite non mi fanno paura, nella mia vita sportiva ho già affrontato il passo della Colla al Passatore (4 volte), il salto della Capra ed il Monte Grappa alla 100 km di Asolo, l’arrivo a Saint Vincent della 100 km delle Alpi e soprattutto i nove lunghissimi colli dell’omonima Nove Colli Running.
Mentre siamo in marcia si avvicina un’auto dell’organizzazione che ci comunica che al Turchino si è scatenata una tempesta: diluvio, vento fortissimo e freddo gelido. Ci dicono di prepararci con l’occorrente per affrontare queste avverse condizioni meteorologiche. Questa non ci voleva. In un primo momento mi assale un po’ di sconforto ma subito dopo decido di pensare positivo, al Turchino mancano ancora 20 km e sicuramente quando transiterò io il peggio sarà passato. Continuo la mia salita verso Masone con Ilaria, si parla davvero di ogni cosa soprattutto di progetti futuri. Sono argomenti che mi toccano il cuore ed è quello che ci vuole per affrontare questa lunga e fredda notte, il pensiero del focolare (come consigliato da Andrea Squeo) mi tiene compagnia in queste ore infinite.
Penso di stare bene ma in realtà ho un attacco di sonno incredibile e quasi inaspettato. Non me ne rendo conto ma pian piano chiudo gli occhi e mi appisolo. Nulla di che se non fosse per il fatto che nel frattempo sto continuando a camminare! Nel 2013 alla UltraBalaton mi era già capitato di avere dei colpi di sonno in corsa, quella volta però fu solo un attimo: mi si chiusero gli occhi, la testa cadde in avanti ed io fui costretto ad interrompere la corsa perché sbandai e finii fuori strada in un prato al fianco della carreggiata. Stavolta invece mi addormento del tutto! Sto camminando veloce in salita ( si tiene un ritmo di circa 10 minuti al km), sono avvolto in una coperta per il freddo ma sto dormendo! Ilaria mi fa alcune domande che non ricordo, io biascico qualche incomprensibile parola per risponderle e non guardo nemmeno dove sto andando. Lei allora compie un gesto che non dimenticherò mai: prende un lembo della coperta e lo tiene stretto nella sua mano sinistra, così facendo mi controlla ed evita sbandamenti e cadute. Soprattutto mi protegge. Un angelo custode in questa indimenticabile notte verso Sanremo!
Mi faccio un buon 5 minuti di sonno profondo e ristoratore, quando mi riprendo e mi sveglio mi sembra di aver dormito otto ore! Non ricordo nulla delle domande di Ilaria, ricordo solo lei che mi avvisa di un ostacolo sulla strada ed io che le rispondo che “un vero ultra vede anche ad occhi chiusi”. Naturalmente non è vero ma mi piace pensarla così!
Quando sta iniziando ad albeggiare vedo il cartello di ingresso in Masone, è mattino presto. La prima notte sta finendo, il paese sembra disabitato e non vedo l’ora di arrivare al checkpoint. Dopo qualche curva, scorgo le macchine del team parcheggiate e vedo Nico venirci incontro, ci siamo. Entro in quest’altra sede della Croce Rossa (ottimo il loro lavoro di supporto alla manifestazione), mi siedo su una brandina e il volontario mi porge gentilmente una bella tazza di the caldo. Non sto fermo per molto tempo, il “micro” sonno mi ha rigenerato e non voglio perdere minuti preziosi. Siamo al km 144, appena fuori dal checkpoint inizia la salita che porta al passo del Turchino. I ragazzi mi avvisano che ho scalato un’altra posizione in classifica, ora sono ottavo. Nico è in contatto con gli organizzatori, lo avvisano che la prima notte di gara ha fatto una “strage” di podisti, ci sono già oltre 10 ritirati.
Ripartiamo, sempre Ilaria al mio fianco. Si sale, stavolta per davvero. Ci sono 4,5 km di tornanti con discreta pendenza, li percorriamo a buon passo. Ho voglia di arrivare al mare, ormai non è più tanto lontano. Il sole è nascosto dietro le nuvole ma c’è, la tanto temuta tempesta invece non si è vista per fortuna. Alle 7.55 del mattino del secondo giorno di gara, finalmente vediamo il cartello che indica la fine della salita e l’inizio della tanto attesa discesa. La scritta è inequivocabile: “Passo del Turchino 532 metri s.l.m.”.
La parte più brutta della gara è alle spalle, ora inizia quella che dovrebbe essere la sezione più bella almeno per i panorami che andremo ad incontrare. Io e Ilaria ci buttiamo in discesa, da sempre è il mio forte. Ci aspettano 11 km consecutivi di pendenza negativa, in realtà secondo i nostri errati calcoli dovevano essere solo 7-8. Sto bene e voglio recuperare terreno, le gambe ci sono e mi lascio andare correndo a ritmi velocissimi, tra i 5’20” ed i 5’30” al km. Voglio arrivare al più presto a Voltri, voglio arrivare al prossimo checkpoint, voglio lasciarmi alle spalle la prima parte di gara.
Corriamo per un’ora consecutiva, la discesa agevola la nostra falcata ed i quasi 160 km già fatti sembrano non pesare. Ilaria, che dovrà correre il Passatore a fine mese, resta stupita di questi ritmi e manda un messaggio vocale nella chat atleti di Novara Che Corre. Gli amici della società, tramite Whatsapp, mi mandano continuamente messaggi di incitamento, i ragazzi del team filtrano e mi fanno ascoltare quelli audio. Sono a casa e stanno tifando per me: in gare estreme come queste, la loro carica vale mille volte di più di una preparazione fisica.
Queste sono gare “di testa”, qui le gambe (seppur allenatissime) contano poco. Qui la mente la fa da padrone. Qui c’è la consueta “guerra” tra la mente che vuole continuare ed il corpo che vorrebbe fermarsi. Il calcolo è semplice: se vince la mente arrivi in fondo, se vince il corpo ti ritiri. Da qualche anno a questa parte ho imparato a gestire il corpo con la forza della mente, è la forza della mente che dirige il corpo.
Il corpo, semplicemente, fa quello che dico io e non viceversa.
Dopo una serie infinita di tornanti, vediamo davanti a noi un cartello stradale. E su quel cartello c’è scritto “Genova”.
Non ci credo, sono partito da Milano di corsa e sono arrivato a Genova. Sono contento perché sento di avere già compiuto un’impresa. Comunque andrà potrò dire di essere arrivato almeno fino a lì! Si entra nel centro abitato, c’è un po’ di traffico dovuto al mercato rionale del sabato mattina. Si corre sul marciapiede e le immancabili strisce segnaletiche gialle e rosse ci aprono la strada.  Esce anche un timido sole, sembra fatto apposta per accompagnare il momento che sto per vivere e che rimarrà per sempre impresso nella mia mente: girato l’angolo, finalmente, lo vedo.
Il mare.
Sono partito dalla grigia Milano ieri a mezzogiorno. Sono le nove del mattino e sono arrivato al mare. Sono partito da casa e ho corso fino al mar Ligure. Penso alla cartina geografica dell’Italia e rimango per un attimo senza parole.
Cammino veloce per un km ed arrivo al checkpoint di Voltri, siamo al km 159. A Sanremo manca una vita.
Mi siedo ed i ragazzi mi portano la borsa con i cambi. La temperatura si è alzata, mi vesto con indumenti più leggeri. Faccio un veloce check up e decido di non cambiare i pantaloncini. Le gambe stanno bene, nonostante tutto ma ho qualche problema di vesciche. Faccio un veloce controllo e decido di tamponare con i cerotti fin dove posso. Realizzo che sarebbe stato meglio correre con altre scarpe, più ammortizzate tipo le Hoka con le quali avevo chiuso la Nove Colli Running senza particolari problemi. Ma ormai siamo in ballo e non serve a niente pensare agli errori. Cerco di mangiare qualcosa ma ho lo stomaco chiuso, non riesco a digerire bene ed ogni volta che ingurgito qualcosa sento un peso fastidioso.
Riparto con Ilaria che sta per chiudere la sua performance, vuole arrivare alla cifra tonda di 70 km. Mi ha accompagnato nella parte più difficile, mi ha scortato fino al mattino, fino al mare. Corriamo ancora per un paio di km poi mi saluta. La abbraccio e ci commuoviamo entrambi. La corsa, specie quella di resistenza, unisce più di qualunque altra cosa e noi, la notte appena trascorsa, non la dimenticheremo più. Guardo Ilaria che risale in macchina con gli occhi lucidi che sono anche i miei, ma ora non posso pensare a questo. Devo per forza guardare avanti, manca ancora tantissimo e devo restare sul pezzo. E poi, a dare il cambio alla splendida Ilaria, arriva la persona giusta. L’unica persona che in quel momento vorrei con me: Anna.
Anna ha preso la UltraMilano-Sanremo tremendamente sul serio. Ha avuto una resistenza fuori dal comune, ha guidato l’auto di supporto per oltre 12 ore e adesso scende in strada per correre. Ancora non lo sa, ma oggi sarà una giornata storica anche per lei e sposterà di molto il suo limite.
Decidiamo di impostare la nostra marcia con un km di corsa (anche due quando le gambe vanno) ed un km di camminata veloce sempre intorno ai 10 minuti al km. Questo serve per preservare le gambe e per risparmiare preziose energie che in seguito saranno decisive. Così facendo stiamo bene ed i km passano incredibilmente lisci. In questo tratto di strada molte volte si lascia la statale per correre sulla pista ciclabile dove le macchine non possono passare, il team quindi si vede poco ma Anna è sempre in costante contatto con loro tramite il telefono. Passiamo attraverso scorci molto belli con lunghe gallerie e strapiombi impressionanti a picco sul mare. Stiamo percorrendo il tracciato della vecchia ferrovia e c’è un mucchio di gente che corre, va in bici o semplicemente passeggia. Molti mi vedono con il pettorale di gara ed iniziano a chiedere di che gara si tratta: rispondo ma la maggior parte delle persone non ci crede che io stia correndo da Milano e mi debba dirigere  a Sanremo così desisto dallo spiegare ulteriormente. Non ho la forza di rispondere alla solita serie di domande.
Finisce la pista ciclabile, rientriamo sull’Aurelia e ritroviamo il team. Siamo a Varazze. Guglielmo dall’auto mi dice che mancano circa 1,5 km al checkpoint (sempre nella sede della Croce Rossa) e questa notizia mi rallegra molto, ho corso già una mezza maratona da quando sono ripartito da Voltri e non l’ho patita per niente anche perché con Anna si chiacchiera di tutto. Il mio morale è molto alto e riesco addirittura a correre veloce.
Poi purtroppo arriva l’imprevisto.
Una leggerezza, una valutazione sbagliata, sicuramente la stanchezza. Sta di fatto che, giunti nel centro di Varazze, non troviamo più le auto di supporto. Anna si adopera subito per chiamare i ragazzi  che sono divisi in due auto,ma i due gruppi non sono in comunicazione tra loro. Cerchiamo di farci dare delle notizie sul luogo esatto del checkpoint ma arrivano dati confusi ed incongruenti. Ad un certo punto pare addirittura che, senza accorgercene,  abbiamo superato il punto di sosta. Sono costretto a fare quello che non avrei mai voluto: tornare indietro. Subito dopo ci dicono che il checkpoint è più avanti sulla strada che già stavamo percorrendo, Anna va avanti veloce e la perdo. Resto solo.
Cambio di nuovo senso di marcia e ritorno in direzione Sanremo, sono incazzato nero. Il morale è andato a terra, la vivo malissimo. Doveva essere solo un fottuto km e mezzo, ma anche questa notizia si è rivelata inattendibile. Ho dovuto percorrere alcune centinaia di metri in più, come se non bastassero 285 km. In questo momento vorrei uccidere ogni membro del team.
Corro da solo sul marciapiede, le macchine a fianco sfrecciano sull’Aurelia. C’è un gran sole e fa un caldo boia. Penso a tante cose ma ho la forza, nonostante tutti i disagi, di non perdere la testa. Resto lucido anche se sono sveglio da oltre 24 ore e sto correndo il km 180. Sì, 180. 180 km e il morale è ai minimi storici. Capisco per esperienza che questo momento è decisivo.
Qui si vede la differenza tra un ultra ed uno che ultra non lo sarà mai. Devo stare calmo e far passare la crisi. Il fisico sta reggendo, la testa farà il resto.
Da lontano scorgo l’inconfondibile croce rossa su sfondo bianco, ci siamo. Ecco il checkpoint. Mi corre incontro Gully, mi dice qualcosa che non ho voglia di ascoltare. Non lo guardo e non gli rispondo, sono arrabbiato. Capirà. Arrivo al tanto agognato punto di sosta, le auto dei ragazzi sono parcheggiate fuori. Entro. Nessuno di loro ha il coraggio di fiatare, sanno di aver fatto una cazzata. Mi sdraio su un divano, Gully mi porge la focaccia al formaggio che gli avevo chiesto. Mi portano le borse, mi chiedono se ho bisogno di qualcosa. Il momento è di quelli che si ricorderanno. Chiedo a tutti di uscire, voglio stare solo. So che mi passerà ma non voglio nessuno intorno, anzi chiedo a Ilaria di rientrare e di stare lì con me ma senza dire una parola. Passo 10 minuti a fissare il soffitto.
Mi passa, ora sono più rilassato. Chiamo Heros, il Direttore del team, e gli chiedo di far rientrare tutti. Ora i ragazzi sono tutti lì con me, chiedo loro di starmi vicino, di non lasciarmi solo. Li ringrazio per il fatto di essere presenti in questa follia, li ho voluti io uno per uno. Siamo tutti stanchi ma siamo ancora dentro al sogno. Andiamo a prendercelo.
Ripartiamo con Anna, lasciamo alle spalle anche Varazze e puntiamo decisi al km 200. Passo uno dopo l’altro tutti i paesi della riviera che conosco a memoria per averci passato molti weekend e qualche vacanza con la famiglia. Mi chiama mio fratello, che bello sentire la sua voce! Me lo passano al telefono mentre sono sulla pista ciclabile al km 185 e gli dico che sto bene, la crisi è passata e sto riprendendo terreno. Lo saluto e ritorno alla mia gara ma subito dopo ripenso quello che gli ho appena detto. Sono al km 185! Mancano 100 km a Sanremo, “solo” un Passatore. Ieri erano quasi tre, ora soltanto uno. Decido di correre ancora un km per sfondare quel maledetto muro e così faccio. Km 186, meno 99 km a Sanremo. Abbattute le tre cifre, si va.
Heros sta facendo come sempre baldoria, ferma i passanti e chiede loro di incitarmi. Urla nel megafono, amplifica i messaggi audio che gli amici stanno mandando da casa. Quello che ne consegue è che al mio passaggio sulla pista ciclabile piena di gente del sabato pomeriggio sulla riviera del ponente ligure, centinaia di sconosciuti mi chiamano per nome incitandomi e battendo il cinque, il tutto con il sottofondo del megafono che spara fuori messaggi di incitamento più o meno trash.
Tra le persone che Heros contatta c’è Roberta, l’amministratrice della pagina di Facebook “Passione Running” che è tra le più seguite con oltre 9000 contatti. Chiede a Heros, visto che passiamo sotto casa sua, di potermi fare un’intervista volante e naturalmente acconsentiamo! Arrivo di corsa e la vedo da lontano, mi saluta e mi fa i complimenti. Heros accende il telefonino e riprende. Roberta mi chiede le impressioni da “dentro la gara”, rispondo abbastanza lucido, mi ringrazia e ci salutiamo non prima di aver fatto una foto ricordo che finirà presto in rete. Che bella cosa! Una scarica di adrenalina importante. Mi rendo conto che sto compiendo qualcosa di grande, ripenso subito alla mia vita precedente alla corsa, al mio essere sedentario, sovrappeso e anti sportivo. Incredibile.
Mentre penso a tutto questo entriamo a Spotorno.
Signori, siamo al km 200. Siamo a 28 ore e rotti di gara. E’ la terza volta nella mia vita che raggiungo questa incredibile distanza. Le altre due volte però, giunto qui ero alla fine dell’avventura (212 km al Balaton, 203 km a Cesenatico). Ora l’avventura è ancora nel pieno. Mancano 85 eterni km, ho già corso 5 maratone consecutive e ne mancano ancora due. C’è chi dice che bisognerebbe correrne al massimo una all’anno!
La corsa prosegue, ogni tanto alternata alla camminata veloce. Si va avanti, le ore del sabato scorrono via una dopo l’altra così come scorrono i km sotto le nostre suole. Il morale è alto, anche perché viene raggiunto il fatidico km 212. Non mi fermo e lo supero di slancio. Sembrava impensabile ma anche questo limite è stato spostato. Siamo al km 213, mai prima d’ora ero arrivato fino a qui.
Le gambe iniziano a farsi sentire, le vesciche mi stanno dando enormi problemi, ho un inizio di fascite plantare. Ad ogni appoggio ho male ma non posso mollare, devo correre come se non ci fosse un domani. Ho difficoltà a gestire le forze perché non ho mai un riferimento chilometrico, non capisco mai con esattezza quanti km possano mancare ai vari checkpoint e questo mi turba non poco. Siamo ormai nel tardo pomeriggio di sabato e questa gara mi sembra (ed in effetti lo è) infinita. Devo arrivare al secondo cancello orario a Loano, al km 221. Pare che manchino circa 5 km, faccio due conti e dovrei arrivarci bene e con un buon vantaggio sulla tabella di marcia. Purtroppo però leggo su un cartello stradale un’indicazione che mi butta nello sconforto più totale: “Loano km 11”.
In assoluto è il momento più buio di tutta la gara, la crisi più nera.
Non siamo nemmeno a Finale Ligure, ci può stare che manchino 11 km a Loano. Non mi capacito dei calcoli fatti finora, delle proiezioni sul cancello orario, delle distanze. 11 km dopo averne corsi oltre 200, sono un’eternità. Oltre un’ora e mezza di sofferenza, se corri bene. Cominciano i pensieri negativi, penso di arrivare con troppo poco margine sul limite di tempo massimo. Penso che dovrò essere veloce se voglio arrivare a Sanremo entro le 48 ore.
Ma come faccio ad essere veloce che le vesciche mi stanno massacrando?
Come posso correre bene che ad ogni appoggio vedo le stelle dal dolore?
Sono avvolto in una delle crisi più grosse che abbia mai vissuto da quando corro, altro che km 192 al Balaton, altro che colle Perticara in Romagna! Chiedo al team di chiamare l’organizzazione per avere delucidazioni sul checkpoint, su quanto possa mancare ad esso da dove ci troviamo noi ora. Voglio saperlo e voglio un dato preciso per una volta. Il team e l’organizzazione però non si capiscono e non arriva nessuna distanza certa, si parla di “una decina di km”. Se prima ero nello sconforto, ora ancora di più.
Proprio nel momento più grigio incontro sulla strada Giorgio che si trova lì in vacanza. Ha comprato delle focacce per me, le ha date al team che me le passerà più tardi. Ora non ho fame, ho ben altri problemi in questo momento. Giorgio corre al mio fianco per un paio di km, mi dice che mi vede bene e che sto correndo forte. So che non è vero ma in quel momento mi fa molto piacere sentire quelle parole, a gara finita sarà uno dei ricordi più belli e non perdo mai occasione per dirglielo. Con lui ci sono Anna (alla quale ho chiesto un ulteriore sforzo per poterla avere con me fino a Loano), Nico vestito con una maglietta da Superman e soprattutto Luca.
Luca è il più tecnologico del gruppo, ha con sé il telefono e compie un gesto semplicissimo, a cui nessuno aveva pensato prima, ma che cambierà totalmente la mia gara: accende il gps, trova la nostra posizione e inserisce l’indirizzo preciso del checkpoint. Il gps fa il calcolo della distanza al millimetro, Luca guarda ma non mi dice nulla. Non riesce a capire se quel numero mi possa esaltare o sotterrare del tutto. Mi dice che secondo lui è un bel numero, ho qualche timore ma mi fido e gli chiedo di saperlo. Ciò che mi dice subito dopo è la cosa più bella che potesse capitarmi di sentire in quel momento: 3,4 km al checkpoint.
Rinasco, mi arriva una scarica di adrenalina nei muscoli, il morale schizza alle stelle, i calcoli erano corretti, il cartello probabilmente considerava la statale e non la pista ciclabile. Non lo so ma non mi interessa, ciò che conta è che manca poco al secondo cancello orario e ho una fottuta voglia di correre fino a lì.
Luca non lo sa ancora ma con un semplice gesto mi ha rimesso in piedi, ha resuscitato le mie forze, mi ha buttato di nuovo in pista.
Questa è l’ultramaratona, prendere o lasciare.
L’ultramaratona ti toglie tutto fino all’ultima virgola, ma con la stessa forza ti ridà di più di quello che ti ha tolto. Ed ogni volta ne esci più forte di prima.
Corro come un matto, a poche centinaia di metri dall’ennesima sede della Croce Rossa guardo il cronometro. Il tempo massimo era di 34 ore, siamo a 31 ore e 50 minuti. 2 ore e 10 minuti di vantaggio su un limite orario già di per sé “largo”. Scoppio in un pianto di gioia liberatorio, non mi fermo più, mi sfogo, butto fuori tutto. Batto un cinque a Luca che mi guarda incredulo, abbraccio Nico, abbraccio a lungo Anna. Per stare al mio fianco lei ha corso per 59 km consecutivi! Non ha spostato il suo limite, lo ha frantumato. Non mi ha lasciato solo un attimo, mi ha parlato, mi ha portato l’acqua. Questa cosa mi commuove ancora di più e continuo a piangere.
Con le lacrime agli occhi entro al checkpoint di Loano, secondo cancello orario, km 221.
Mi dicono che sono ottavo in classifica generale.
I volontari della Croce Rossa, che stanno medicando un concorrente con le caviglie molto gonfie (che si ritirerà), vedendomi in quello stato mi fanno la solita domanda: “ti ritiri o vai avanti”?
Io, che ancora ho l’adrenalina che mi scorre a fiumi nelle vene, rispondo con una frase che mi viene da dentro e che fa restare di stucco i presenti. Con una feroce lucidità dico “per fermarmi ora, mi dovete abbattere”.
In quel preciso istante, dicendo quelle parole anche per darmi coraggio, realizzo che ce l’ho fatta.
La strada è ancora lunga, lunghissima. Mancano 64 km a Sanremo ma so che ci arriverò, vincerò la mia sfida.
Mi passano al telefono Andrea Squeo che da Novara è in fibrillazione, ha continuato a seguirmi ininterrottamente. Ha più volte contattato il team, ha chiesto notizie, le ha date alle molte persone che lo hanno chiamato per saperle. Lo saluto e gli dico che sto bene, ora per davvero.
Mi dicono inoltre che Rada ed il resto del gruppo sono arrivati in treno a Sanremo e mi aspettano. Questa stupenda notizia mi scalda il cuore, sono onorato di averli all’arrivo. Ora sono pronto ad affrontare la seconda, lunghissima, storica notte di gara.
Esco dal checkpoint, è buio. Ora tocca al grande Spike correre con me. Anche lui sta preparandosi alla 100 km del Passatore e nel programma ha un bell’allenamento lungo notturno. Anche Ilaria vuole ritornare in strada. Riprendiamo a correre dopo un km di camminata veloce, è un buonissimo momento e le gambe inaspettatamente vanno a meraviglia. Riesco a farmi 8 km a buon ritmo, è incredibile. Non so dove riesca a trovare le forze, i km che ho addosso sono quasi 230.
Ho problemi di vesciche ma muscolarmente sto benone, non ho nemmeno acido lattico. Ho male ad ogni singolo appoggio ma cerco di non pensarci.
Ilaria ci precede, nelle ultime ore è stata attaccata al telefono con gli organizzatori, non vuole assolutamente che sbagliamo strada. Ad Albenga c’è una deviazione e si lascia l’Aurelia per tornare sul lungomare. Vuole scortarci almeno fino a lì. Gli indumenti super tecnici che ho addosso non mi fanno sentire il freddo della notte ed il meteo fino ad ora ci ha graziato, speriamo che tenga ancora per qualche ora.
Arriviamo ad Albenga e, come da road book, lasciamo la statale per entrare nel centro della città dove si sta svolgendo una notte bianca. Bancarelle, luci, salamelle, gente in giro tra negozi aperti. Poi ci siamo noi, che ai loro occhi dobbiamo sembrare degli extraterrestri a giudicare dalle facce che hanno quando ci vedono passare. Incontro un altro concorrente che in realtà non sembra molto lucido, lo esorto a parlare ma dalle sue risposte capisco che non ne ha più soprattutto di testa. Dice due parole confuse, poi cambia passo e se ne va. Io vado al mio ritmo, so che entro breve lo rivedrò. In quelle condizioni non andrà molto lontano.
Si alterna corsa e camminata veloce, ormai è un must. Un’auto va avanti di qualche km per permettere a parte del team di riposare. Ilaria ci saluta dopo un’altra enorme prova di forza, chiude con 80 km totali nelle gambe e con una presenza lucida che stupisce gli altri ragazzi del team.
Lo stomaco è chiuso e mi dà noie, non riesco a digerire e quindi a mangiare nulla ma allo stesso tempo inizio ad avere i crampi dalla fame. So per certo che il team ha comprato della bresaola che è l’unica cosa che riesco ad ingerire senza particolari problemi, quindi ne chiedo un po’. Purtroppo la bresaola è nella macchina che si è spostata più avanti ed i ragazzi che stanno dormendo non rispondono al telefono. Onestamente potrei anche farne a meno e trovare altro da mangiare ma i miei amici non vogliono farmi mancare proprio nulla e si adoperano per trovare questa benedetta bresaola (che diventerà un tormentone finita la gara).
La strada continua con saliscendi spacca gambe, ne conto oltre 10. In pratica, ogni paese della Liguria che incontriamo è racchiuso da due promontori e la lingua d’asfalto segue inesorabile queste atroci (per le mie gambe) pendenze.
Stiamo correndo bene quando ad un certo punto, in piena notte, dal nulla vedo sbucare una sagoma che mi viene addosso e mi bacia sulla guancia. Sono stupito, poi sento una voce dall’accento milanese inconfondibile: quel pazzo di Walter è partito da Milano e, come promesso, mi ha raggiunto per condividere con me un pezzo di strada. Mi fa un enorme piacere, lui è in forma e bello sveglio così ci rallegra tutti con la sua simpatia. Si piazza in testa al gruppo e ci fa strada illuminando la notte con la sua lampada frontale.
Girata l’ennesima curva, vedo il concorrente che avevo incontrato ad Albenga. Non è messo bene, è in evidente stato confusionale e blatera parole strane. Dice di lasciarlo a morire lì. Chiedo a Spike di contattare immediatamente la sua squadra che in realtà è composta da una sola persona. Gli dico che c’è margine, che può riposarsi e riprendere la marcia più tardi ma lui non c’è proprio. Si ritira,peccato.
Ringrazio la mia scelta di avere un grandissimo team di supporto, da solo mi sarei ritirato anche io.
Passano un paio di km e Nico, commovente, trova della bresaola gentilmente offerta da un altro team. Si è sbattuto per me e questo mi rende orgoglioso. Sono felice di avere degli amici così. Mangio voracemente tutta la porzione e riprendo la corsa.
Superiamo Alassio, Cervo e Laigueglia. La notte è ancora lunga ma teniamo botta. Ho un male cane ai piedi, anche solo appoggiarli per terra mi provoca forti dolori. Le vesciche sono tantissime e anche quelle mi danno un enorme fastidio. Ho sbagliato scarpe, o meglio ho valutato male la gestione dei moltissimi km da percorrere.  Ogni tanto sono costretto a fermarmi per evitare l’appoggio, è la prima volta che mi succede una cosa del genere. E’ anche la prima volta che corro per oltre 240 km.
Oltre i 240 km, sì. Facciamo un calcolo veloce perché ci tengo a fare una piccola celebrazione. Ci penso da quando mi sono iscritto a questa gara. Aspetto l’esito del calcolo con viva trepidazione, sono emozionato. Guglielmo, il re dei numeri, mi dà il risultato: siamo al km 245, ancora uno e si festeggia. Decido di correrlo per onorare questo importantissimo (per me) traguardo. Non ne ho quasi più, ma lo corro forte lo stesso. Non posso non correre. Al suono del Garmin di Guglielmo, che sancisce il km appena passato, ci fermiamo e chiamiamo tutto il team a raccolta.
Sono arrivato al mitico km 246, la distanza tra Atene e Sparta, quella percorsa da Filippide, il primo ultramaratoneta della storia ed oggi rivissuta grazie alla Spartathlon. Per arrivarci, in Grecia danno 36 ore di tempo massimo. Io sto correndo da 38 ore. Poco male, magari a Sparta non ci andrò mai ma il ciccione del divano questa notte ha percorso gli stessi km di Filippide e questo mi basta. Ci riuniamo in cerchio e urliamo tutti insieme. “Questa è Sparta”! Che spettacolo!
Sono stanco, non ce la faccio più. Corro con i miei due fedelissimi a fianco, Guglielmo e Spike. Vado giù di morale, più che altro per la stanchezza e per il male infernale che sento ad ogni singolo appoggio a terra. Loro mi incitano ma io mi incupisco al solo pensiero di dover correre ancora quasi 40 km. Ho superato la sesta maratona consecutiva, ne manca meno di una ma questo pensiero per ora non mi rallegra. Mi lamento, ma loro non dicono una parola e mi sostengono. Walter ritorna con noi dopo un pezzo di strada fatto in auto.
Arriviamo alla cosiddetta “incompiuta”, una strada che costeggia il mare ma che non essendo mai stata terminata, non consente l’accesso alle auto quindi il team deve percorrere un’altra via e ci raggiungerà solo alla fine della stessa. Non so quanti km siano e non lo voglio neanche sapere. Il suono del Garmin di Gully indica ogni km percorso e mi sembra che suoni abbastanza spesso. Ho sonno ma cerco di non dormire, non ci voglio pensare. Ogni tanto canto per tirarmi su, ma davvero sono ai minimi storici di forza. La strada è maledettamente in salita, non molla neanche un metro.
Il momento è durissimo, ho un’altra crisi infinita.
Comincio a pensare che le ore a disposizione sono poche, ma Gully mi dice di stare tranquillo e che abbiamo un buonissimo margine. In realtà so di avere tempo sufficiente per arrivare a Sanremo, ma la stanchezza mi fa annebbiare questo pensiero. Spike e Gully non indietreggiano di un millimetro, mi ricordano tutte le frasi motivazionali che in questi mesi ho usato con loro e me le “ritorcono” contro! Li ho aiutati a vincere le loro sfide ed ora loro sono al mio fianco per aiutarmi a vincere la mia. Ho un tourbillon di emozioni che neanche so spiegare, sono allegro, poi triste, poi di nuovo allegro. Sono comunque sempre sul pezzo e questo mi dà forza.
La maledetta incompiuta finalmente finisce, ritorniamo nel mondo dei vivi dopo parecchi km nel nulla più assoluto. Vedo le auto del team che mi aspettano, Ilaria e Anna sono al telefono per avere esatte indicazioni per il checkpoint di Imperia. L’ultimo.
Il cartello con la scritta “Imperia” me lo trovo davanti di lì a poco, sono talmente stanco che quasi non me ne accorgo. Siamo in una situazione surreale: è notte fonda, ad Imperia non c’è anima viva ed io sembro uno zombie che cammina. Chissà che faccia che ho, non ho coraggio di guardarmi allo specchio.
Passa una coppia di signori, lei mi guarda:
“Ma è una gara?”
“Sì, signora!”
“Scusi ma che gara è?”
“La Milano-Sanremo, signora”
“No, dai seriamente. Che gara è? Una notturna qui ad Imperia?”
“Signora, seriamente. Sono partito l’altro ieri da Milano”
“Ma la smetta, è impossibile!”
“Ha ragione, signora. Stavo scherzando. Sì, è una gara notturna qui della zona”
“Ah, mi sembrava! Bravi! Buona gara allora”
“Grazie signora!”
Non ho voluto proseguire oltre, troppa poca forza per mettermi a discutere.
Seguiamo le indicazioni di Ilaria, arriviamo con non poca fatica al checkpoint di Imperia, sempre nella sede della Croce Rossa locale. Mi sdraio sul divano e mi spazzo via in un secondo un piattone di patatine bevo l’ennesimo caffè. Siamo all’ultimo checkpoint, soprattutto siamo al km 260. Ancora 25 fottuti km, poco più di una mezza maratona ed è fatta.
Esco e trovo un concorrente un po’ fuori di testa (e chi non lo è di noi?) che mangia croste di pizza imbevute nell’acqua e che per un po’ sta nel nostro gruppo. Ha però un passo troppo veloce ed un fastidioso cicalino che suona continuamente, che lui usa come contapassi. Lo saluto e rapidamente se ne va.
Notte di fortissime emozioni, che diventano ancora più grandi quando, per la prima volta dalla partenza, leggiamo sulle indicazioni stradali la scritta “Sanremo”.
Mancano ancora oltre 20 km, ma solo il fatto di leggere quel nome ci esalta. Chiedo a Gully di prendere il telefono e di cercare su Youtube la sigla del festival di qualche anno fa. La trova ed iniziamo ad intonare: “se ci vien voglia di cantare canteremo, perché Sanremo è Sanremo”!
Altra scena surreale: 4 pazzi in piena notte che urlano la sigla del festival in mezzo alla strada. Emozioni ultra.
Non si molla un colpo, sono rinvigorito nonostante il male sia insopportabile. Ho anche cambiato le scarpe ma il risultato è lo stesso. Ormai a Sanremo ci arrivo così. Sì, perché a Sanremo ci arrivo. Non ci son più dubbi.
La seconda notte sta ormai passando, in lontananza si vedono già le luci dell’alba. Sta per iniziare il terzo giorno di gara, sono oltre 40 ore che sto correndo e sono consapevole che sto scrivendo un altro bel capitolo della mia storia. Quando arrivo a San Bartolomeo al Mare non lo realizzo subito. Poco dopo però mi rendo conto di dove sono arrivato. Ripenso a giovedì, al meeting pre gara quando, scherzando con Nico ed Anna dopo aver letto il road book, avevo detto che arrivati alla pista ciclabile finale era fatta, finita.
Ora quella pista ciclabile tanto sognata era lì davanti a me a pochi metri.
La ciclabile San Bartolomeo-Sanremo, proprio lei.
L’ultimo tratto di questa folle e stupenda gara, gli ultimi gloriosi 17 km. Iniziava lì a dieci metri dalle mie scarpe e sarebbe finita proprio a Sanremo, al traguardo.
Entrare e calpestare quella pista è stata un’emozione fortissima, difficile da raccontare. Avevo portato il mio culo fino a lì, da Milano. Da casa.
17 km al sogno, solo 17 km. Meno di una mezza maratona, meno di due giri del Parco Nord.
Si cammina a passo spedito, si corre quando le gambe lo permettono. Gully scandisce i tempi e Spike tiene allegra la compagnia. Passano altri km, non so più neanche io quanti. So solo che sto correndo ininterrottamente da mezzogiorno di venerdì.
Ne ho lasciati alle spalle, uno dopo l’altro, una marea.  Circa 271. Il Sogno è molto vicino, soltanto 14 km mi separano ormai da Sanremo. Il sole è alto nel cielo.
Chiedo per la milionesima volta ai ragazzi dell'acqua. Nonostante le oltre 40 ore sul pezzo, in due secondi vedo spuntare sia a destra che a sinistra due bottigliette da mezzo litro già sapientemente prive del tappo per agevolarmi. Il mio team è lì con me, ancora una volta. Fino alla fine.
Succede qualcosa che non mi era mai capitata prima in maniera così irruenta, nemmeno a Loano: scoppio in un irrefrenabile pianto di gioia. Mi chiedo cosa possa aver fatto di così buono per meritare tutto questo. Perché 7 ragazzi mi stanno supportando, incitando, aiutando da due giorni senza sosta, senza chiedere nulla in cambio?
La loro prontezza, il loro ottimo servizio, il loro essere così amici mi commuove fino alle lacrime. Perdo la corazza del duro e mi lascio andare. Questi ultimi 14 km me li mangerò, li distruggerò uno dopo l'altro fino al trionfo. 
In quel preciso momento realizzo che ce l'ho fatta, anche se stavolta è diverso. Sarebbe più corretto dire "ce l'abbiamo fatta". Senza di loro, senza i miei amici, non sarei andato da nessuna parte.
Spike sente un fastidio al ginocchio e torna in macchina, giusto così. Ha un impegno importantissimo e deve essere al meglio. Porta comunque a casa 75 km e svariate ore sulle gambe, enorme la sua prestazione.
Resto da solo per qualche km con Gully, proprio lui.
Mi fa ridere questo ruolo invertito tra noi. A Venezia, alla sua prima maratona, l’ho trascinato di forza al traguardo. Ora è lui che trascina me, di forza a Sanremo. Questi momenti uniscono come nessun’altra cosa, la fatica accomuna e crea un collante eterno. Gully è emozionato almeno quanto me, so che anche per lui il traguardo sarà fantastico.
Dico al team di avvisare Rada, si deve preparare per essere a Sanremo per tempo. Manca poco e sono emozionatissimo. I ragazzi del team chiamano gli amici che sono giunti fino a Sanremo per aspettarmi all’arrivo, alcuni di loro vogliono venirmi incontro ma preferisco di no. Dopo una gara del genere voglio stare da solo per l’ultimo km.
Si aggiunge a noi anche Nico, pure lui ha corso tantissimo. Insieme vediamo da lontano il settimo concorrente in classifica, quello delle croste di pizza. Non ne ha più. Gli chiedo cosa vuole fare, non voglio certo fare una volata dopo 285 km! Mi dice di andare perché non riesce quasi a camminare, lo ringrazio, lo saluto e, in maniera inspiegabile, inizio a correre forte.
Siamo ad oltre 280 km di gara e sto correndo forte!
Mi chiedo come sia possibile, non me lo so spiegare.
Rallentiamo, ad un certo punto Nico mi chiede qual è la mia sensazione in quel momento. Non so cosa rispondere, poi ho un’illuminazione. Gli dico: “io sono ancora qua”.
Ecco trovata la colonna sonora della UltraMilano-Sanremo (così come era capitato per le altre due gare sopra i 200 km): “Eh già” di Vasco Rossi. Gully la cerca subito su internet ed ascoltarla lì, in quel preciso momento, è indescrivibile. Faccio chiamare Anna e Ilaria che hanno il compito di portarmi la maglia Meetab, il cappellino giallo e la bandiera della Via della Felicità.
Ci siamo.
Mancano due km, vedo Sanremo. Urlo “Sanremo è a vista!” imitando Franco Bragagna ad Atene in occasione dell’oro olimpico di Baldini. Vedo addirittura le barche dello Yacht Club, sede dell’arrivo.
Gully corre incontro ad Ilaria e Anna, Nico sta con me. Vivo un’euforia mai provata prima.
Le vedo, là davanti a me. Le saluto, mi fermo. Indosso maglia e cappellino, stringo forte in mano l’immancabile bandiera della Via della Felicità che ha tagliato con me tutti i traguardi.
Nico, Gully, Ilaria e Anna corrono via e resto solo.
Manca solo un km, il mio km.
Il km della gloria.
Inizio a correre, il cuore batte all’impazzata. Il sangue circola nelle vene a velocità doppia. Mi si avvicina un podista che mi dice che sta completando il suo allenamento domenicale. Mi chiede se mi può stringere la mano, naturalmente gli dico di sì e lui stringendomela mi dice “sei grande”.
Lo ringrazio e sorrido, non capisco più niente.
Passo davanti ad un bar, 10 persone fuori da esso urlano “Simone sei un mito”, sarà passato Heros penso!
Poi, il momento più atteso. A cento metri da me vedo Rada, inizio a sventolare la bandiera. Lei piange commossa, un pianto vero, grande. Le corro incontro, le bacio il pancione e dico al piccolo Alexander che papà ce l’ha fatta, che gli dedica tutta la fatica alle spalle ma che ora è contento di essere lì da lui.
Rada continua a piangere, le do un bacio e le dico di venire al traguardo.
Riprendo la corsa, vedo Michele Graglia che mi aspetta. Appena si accorge del mio arrivo, corre verso il traguardo per riprendermi con il telefono.
Continuo a non capire più nulla, poi finalmente lo vedo davanti a me.
Bellissimo, sognato, sofferto, fortemente voluto ed ottenuto con una forte volontà.
Il traguardo della UltraMilano-Sanremo dopo 285 km di corsa no stop.
A due metri da esso mi fermo, il frastuono degli amici è assordante tra voci, cori e trombette. Faccio segno di fare silenzio per un attimo. Poi metto le mani alle orecchie e ascolto.
Per noi questo ha un significato enorme.
Penso a tutti quelli che hanno parlato a vanvera in questi mesi, sono lì ed ancora una volta la strada ha dato la sua sentenza. Poi urlo di nuovo “io sono ancora qua”.
Batto un cinque a Michele e passo la finish line passeggiando.
285 km in 45 ore, 4 minuti e 59 secondi.
Lucida follia.
Prendo la bandiera, la distendo per terra e come di consueto eseguo 10 flessioni con conteggio scandito dagli amici. Mi alzo, li vedo e urlo con tutta la forza che mi è rimasta in corpo. Poi li abbraccio tutti, uno per uno. Quelli del team, quelli venuti apposta da Novara, Rada, Michele, tutti.
Ricevo dalle mani di Michele Graglia il trofeo destinato ai finisher, chiudo settimo assoluto.
Facciamo tantissime foto, partono cori, di nuovo abbracci, un casino incredibile. Lo Yacht Club è tutto nostro, siamo i padroni assoluti di Sanremo.
Dopo 10 minuti senza capirci nulla, vado a farmi la doccia. Le vesciche sono un disastro, ne conto 12. Le gambe stranamente stanno bene. Esco, mi siedo con i ragazzi sui divanetti in attesa delle premiazioni, mi si apre lo stomaco e ho una fame assurda. Pino va con Christian a comprare delle focacce. Me ne mangio 10!
Sono in totale relax, mi godo il momento.
Probabilmente per qualche anno il cerchio resterà chiuso, avrò altre bellissime priorità. Fino a qui ci sono arrivato, quello che succederà più avanti ancora non lo so. Certo, questa gara mi è rimasta nel cuore e mi piacerebbe dare una mano a Michele ed al suo team per farla crescere ancora di più. Magari si potrà correre a staffetta, vedremo.
Per essere arrivato a questo traguardo ho una serie infinita di ringraziamenti da fare.
Grazie al piccolo Alexander in arrivo, il pensiero dolce di mio figlio mi ha dato una forza enorme nei momenti più duri. Ho pensato tanto anche ai miei nipotini Mattia e Nikola, che aspettano il cuginetto.
Grazie a mia moglie Rada, la mia prima tifosa. Perché mi dà la giusta serenità per affrontare imprese del genere e perché “sopporta” tutti gli allenamenti che mi impegnano durante l’anno. Averla all’arrivo è un valore aggiunto enorme.
Grazie alla mia famiglia, sempre in contatto via sms. E’ bello sapere che tifano tanto per me.
Grazie ai ragazzi di Meetab, che hanno creduto in me e che mi sostengono sempre con disponibilità e profonda stima. So di poter contare su di voi
Grazie a Locauto e pizzeria Da Tony che mi hanno supportato in questa follia.
Grazie ai ragazzi di Novara Che Corre che con i loro messaggi scritti e audio e con le loro telefonate, mi hanno spinto fino a Sanremo. Il vostro tifo è stato per me fondamentale.
Grazie a Edoardo Marvaldi, per la nostra chiacchierata dopo la gara. Il futuro della Milano-Sanremo è roseo grazie a persone come te.
Grazie a Joao Oliveira, il grande campione, perché mi ha fatto sentire uno del gruppo.
Grazie al mitico Michele Graglia, uomo dai modi gentili e dalla disponibilità infinita. Ha lottato per il suo sogno, che è anche il nostro. Ha superato critiche (giuste per la passata edizione), si è rimboccato le maniche ed ha lavorato sodo ed oggi la sua gara è viva ed è bellissima. Onorato di aver fatto parte dell’edizione di quest’anno, dal prossimo ti aiuterò nelle varie logistiche.
Grazie a tutti i volontari presenti sul percorso per 48 ore consecutive, encomiabili e grandissimi.
Grazie a Roberta per la stima, che è reciproca e per la bella intervista volante.
Grazie a tutte le persone che sul percorso mi hanno incitato, urlato, chiamato per nome e tifato per me.
Grazie a tutte le persone che in quelle 45 ore hanno pensato a me almeno per un momento, ho ricevuto oltre 1500 messaggi!
Grazie a Sara, Francesca, Pino, Christian, Walter, Giulio. Mi sono commosso nel vedervi all’arrivo, mi sono commosso a sapere che eravate lì per me. Questo vostro gesto vale più di mille parole, ma a noi le parole non servono. Grazie davvero di cuore.
Grazie ai gufi, ai chiacchieroni, a quelli che dicono che non si può fare, a quelli che non va mai bene niente, a quelli che mi hanno attaccato anche gratuitamente, a quelli che non mettono un “mi piace” manco a morire (non che me ne freghi nulla): mi spiace, anche stavolta vi ho deluso. Eppure la posta in gioco era altissima, niente da fare. Riprovate.
Ed infine il ringraziamento più grande lo faccio ai 7 eroi che sono stati con me dal primo all’ultimo metro lungo tutta questa enorme ed indimenticabile avventura. A voi dedico questo traguardo che senza di voi non ci sarebbe mai stato, a voi dedico quell’arrivo a Sanremo. La mia impresa è soprattutto vostra.
Quindi semplicemente GRAZIE.

Grazie a Heros Diliberto, detto “Lo Zio”. Capitano di mille battaglie, unico, re degli accompagnatori. Hai vinto anche stavolta con il tuo inseparabile megafono. Nonostante qualche problemino, hai voluto esserci e questa è una grande cosa.

Grazie a Nicola De Marco, detto “Nico”. Fortemente voluto, uomo d’ordine. Modi gentili in un fisico d’acciaio. Davvero l’uomo giusto al posto giusto, sempre sul pezzo, mai una parola fuori posto. Sapevo che avrebbe avuto un ruolo di equilibrio fondamentale e così è stato. Sei una garanzia assoluta.

Grazie ad Anna Cordero, semplicemente “Anna”. Enorme, ha preso sul serio la gara ed è stata sempre al mio fianco, senza mai farmi mancare il suo appoggio. L’ho voluta per questo e non avevo dubbi. Possiamo dire di aver fatto anche questa e, sinceramente, stavolta era impensabile. 13 anni di feeling come nessun'altro.

Grazie a Stefano Cimino, detto “Spike”. Casinista, sempre sul pezzo, vigile nelle rotonde, ultramaratoneta, mai un momento di buio, sempre al mio fianco. Una testa così, ricorda me all'inizio. Tanta strada fatta ma soprattutto tanta strada da fare, il mio "braccio destro armato". Ti toglierai tante soddisfazioni.

Grazie a Luca Musoni, detto “Luke”. Il tecnologico del gruppo, ha l’enorme merito di darmi la più bella notizia nel momento più brutto. Immenso. Ha lavorato tantissimo anche e soprattutto prima della gara, un aiuto concreto e preziosissimo.

Grazie a Guglielmo Catanese, detto “Gully”. L’ha sentita più di tutti, sempre al mio fianco anche lui, ha gestito un milione di mie domande ed è stato con me fino all’ultimo km. La sua commozione al traguardo è quella di tutti noi. Davvero una bellissima scoperta, un cuore d'oro in una grande persona. La corsa è bella anche perchè ti fa conoscere persone così.

Grazie ad Ilaria Balletta, detta “Ilary”. Cosa dire? Non so più cosa dire! Stoica, leggendaria, un mostro, sempre tremendamente lucida, 80 km sulle gambe e non sentirli. Al mio fianco in quella prima indimenticabile notte. Se voglio sicurezza, certezze, compagnia, follia so chi chiamare, lei risponderà sempre "presente".



Gli amici sono come le pareti. A volte ci si appoggia su di loro, e altre volte è fondamentale solo sapere che ci sono.
(Anonimo)