lunedì 14 ottobre 2013

100 KM DEL SAHARA

Era da un anno e mezzo che aspettavo di incontrare il deserto.
Nel 2011, a soli tre giorni dalla partenza, la gara era stata annullata per i disordini in Nord Africa soprattutto nella confinante Libia.
Per la forte delusione mi ero quindi iscritto al Passatore e in quella indimenticabile notte sull'Appennino con Lillo, Carmelo e Rada avevo maturato l'idea di pubblicare il mio libro “Spostando il limite un po' più in là”.
Ma quest'anno la gara c'è stata,eccome!
Sono partito da solo ben consapevole del fatto che presto avrei conosciuto molti nuovi amici e così in effetti è stato. La convocazione alla Malpensa di domenica 4 marzo è stata l'inizio di una grande avventura. Ho subito conosciuto molti podisti tra cui Roberto, un 57enne di Milano col quale avrei diviso la camera la prima sera.
Il volo Milano-Tunisi-Djerba è filato liscio ed arrivati in Tunisia ci siamo sistemati in un resort dove abbiamo cenato e dove, svolte tutte le operazioni logistiche, abbiamo passato la prima notte. L'ultima in un vero letto per qualche giorno....
L'indomani ci siamo trasferiti con il pullman verso l'oasi di Ksar Ghilane, a 200km di distanza, attraversando posti da fantascienza(in alcuni di questi luoghi hanno girato Guerre Stellari) per poi entrare in una zona pre desertica ed infine arrivare al cospetto del grande mare di sabbia.
La vista del deserto per la prima volta mi ha lasciato per parecchio tempo a bocca aperta, una distesa infinita di dune che si perdevano all'orizzonte in qualunque direzione si guardasse. Sabbia rossa e finissima che sembrava borotalco.
Dopo la presentazione della gara, il controllo dei materiali e la consegna dei pettorali(il mio era il n°79), abbiamo cenato e ci siamo infilati nel sacco a pelo dentro la tenda/bungalow. Questa aveva i muri laterali in mattone e la corrente elettrica all'interno, il tetto era composto da teli ed il sacco a pelo poggiava su materassini color (e odor) cammello.
Martedi 6 marzo alle 10.30, dopo aver consegnato il bagaglio e dopo aver fatto la spunta dei pettorali(obbligatoria ogni mattina e ad ogni check point durante la gara), ci siamo messi sulla start line in pieno deserto del Sahara in attesa del via.
I Queen con We Will Rock You hanno sancito l'inizio della battaglia: 24 km di sabbia, vento, dune, pietre e arbusti. Gli allenamenti alla Montagnetta sono tornati utili nei primi 3,5 km di saliscendi nella sabbia nella quale si affondava fino alla caviglia.
Finite le dune abbiamo percorso una pista dal fondo irregolare con pietre ed arbusti che sembrava sempre in salita. Dopo i primi km dove c'è sempre un po' di ressa, ho corso per lunghi tratti in solitudine con un silenzio intorno che sembrava irreale. Sentivo solo i miei passi e l'acqua nel camel bag che si muoveva ad ogni balzo. Al primo ed unico ristoro intermedio, la telecamera di Sky Sport ha chiesto le impressioni a caldo sulla gara!
Al 19° km sono ricominciate le dune, stavolta alte anche 30 metri, che ci hanno portato al primo campo tendato nel quale abbiamo passato il resto della giornata e soprattutto la tremenda notte che stava per arrivare.
Non dimenticherò mai la prima notte nella tenda berbera.
Vento, sabbia, pioggia, il sacco a pelo era l'unico riparo che avevamo. Alle 3 di notte la tenda è crollata su un lato. I miei compagni d'avventura, beati loro, nonostante tutto ciò che stava accadendo, hanno continuato a dormire un sonno profondo. Io sono uscito sotto l'acqua per cercare di sistemare la situazione ma senza successo. Non ho più chiuso occhio fino all'alba, chiuso nel sacco a pelo schiacciato sotto la tenda.
Il secondo giorno di gara ci ha visti impegnati in due tappe, 16 km “tranquilli” alla mattina e poi la prova notturna di 7 km.
Alla mattina ho corso bene nonostante le gambe dure per i 24 km di saliscendi del giorno prima e sono arrivato al secondo campo dopo 1 ora e 22' di gara. E' uscito anche un timido sole che se non altro è servito per fare asciugare gli indumenti tecnici di tutti noi. La doccia, anche se non si può proprio chiamarla così, era di acqua ghiacciata controvento(ghiacciato). Ma d'altronde non ce la potevamo prendere con nessuno, ognuno di noi aveva scelto l'estremo e l'estremo era lì con noi in quell'angolo di Terra dimenticata da Dio a farci compagnia.
La prova notturna, partita con “The dark side of the Moon” dei Pink Floyd, dedicata all'indimenticabile Luna piena che ci guardava da lassù e con l'unico cielo stellato della settimana, è stata qualcosa di difficilmente raccontabile. Neanche nella notte stellata e durissima del Passatore ho visto niente di simile. La luce frontale che avevamo con noi non serviva a nulla, la Luna era come un immenso lampione che illuminava i nostri passi incerti in quel magico momento ed in quel posto incredibile. Proprio guardando all'insù la volta celeste sono inciampato in un sasso e sono caduto. Una bella botta che però non mi ha impedito di completare le prove che mi aspettavano.
Il terzo giorno di gara era prevista la prova più lunga, l'impossibile tappa maratona...42 km di corsa nel deserto del Sahara. Potrò raccontare un giorno ai miei nipoti di aver corso tutta quella strada, là nell'oceano di sabbia. Qualcuno pensa che siamo pazzi, magari lo siamo davvero. Ma è vero anche che noi pazzi osiamo dove gli angeli temono d'andare.
Parto piano,vorrei stare sulle 4h45'/5h. In alcuni tratti correre è impossibile e poi dobbiamo ottimizzare bene le nostre scorte di acqua e viveri perchè ci sono solo due ristori lungo la strada.
Dopo 12 km il mio compagno di avventura e di tenda Antonio, un ragazzo 19enne di Roma detto Er Sabbia per la simbiosi che si è venuta a creare tra lui e questo elemento naturale, sente una contrattura ad una coscia e si deve fermare per una fasciatura. Io continuo e dopo poco trovo Rossana e Mary Luise, due atlete(italiana e dominicana) impegnate in gara. Rossana in quel momento è terza tra le donne in classifica generale e sta correndo nonostante un'infezione ed il consiglio del medico di ritirarsi(i medici...??!!!). E' un po' in crisi e mi chiede di “tirarla” per qualche km. Arriviamo in tre al primo ristoro, poco dopo Mary Luise si stacca per problemi allo stomaco e continuiamo io e Rossana.
Dopo il 30°km si entra nel “mio territorio”, è il momento in cui di solito sto meglio ed infatti sono fresco e lucidissimo e continuo ad incitare e a tirare la mia compagna di corsa. Lei non ne può più ma mi segue mentre i km passano tra dune impossibili, piste e vento. Arriviamo al secondo ristoro, posto al 33°km, mancano solo 9 km alla fine del tappone.
Rossana mi prega di stare con lei fino alla fine perchè pensa di non farcela da sola. Io, in quel momento, decido di accettare la sua richiesta. D'altronde per me arrivare 62° oppure 55° non cambia molto. Rossana invece è in corsa per un piazzamento in classifica.
Per farla breve, arriviamo al traguardo insieme sulle note di “We are the Champions” con lei che davvero non ne ha più. Appena superata la finish line(dopo 5h05'), Rossana scoppia in un lunghissimo pianto e mi abbraccia e mi bacia continuamente dicendomi 200 volte “grazie”. Arrivano telecamere e fotografi e capisco che ho fatto la cosa giusta.
In tenda ripenso ai miei primi passi nel mondo del running, alla prima mezza nel 2009, alla prima maratona....penso che ne ho fatta davvero di strada da allora e chissà quanta ne farò ancora....a quante volte sposterò ancora il limite un po' più in là.....
In quel momento passa Rossana zoppicante e da lontano mi dice: “Grazie, non lo dimenticherò mai!!”. Neanche io dimenticherò mai questa avventura.
Il quarto giorno di gara è climaticamente il peggiore: freddo, pioggia e vento. Per fortuna questa volta finiremo in un albergo vero, con muri, pavimento, bagno, acqua calda, letto, cuscino, materasso ecc.....
21 km controvento nel deserto non li auguro nemmeno al mio peggior nemico ma si sa che il mio motto è “Never retreat,never surrender” e quindi corro imperterrito fino alla meta.
Dune altissime sferzate da un vento impossibile ci portano fino all'oasi di Douz conosciuta come la “Porta del Sahara”. L'enorme porta bianca dell'oasi in effetti divide il deserto dalla civiltà. Da lontano sembra un miraggio ma è stupendo quando la varchiamo per davvero.
Ora mancano solo 1,5 km alla fine. E tutti su asfalto.
Là, dietro di me, dietro il camel bag con la bandiera dell'Italia, dietro la maglia di “Novara Che Corre” che ha conquistato il deserto, dietro le mie gambe che cercano sempre il limite ci sono 110 e rotti km di Sahara. Di sabbia, di vento, di freddo e di caldo, di sabbia...tanta sabbia. Davanti a me poche centinaia di metri che dividono la pazzia di iscriversi ad una gara del genere dalla gloria eterna per averla portata a termine.
Corro veloce e arrivo al traguardo.
Emozione immensa, foto, bandiera di Drug Free World che mi avvolge e solito balletto alla Bolt.
Anche questa è fatta, è finita. Ora posso riposarmi.
La medaglia, così come la maglia da finisher è bellissima.
Da lì a pochi minuti arrivano tutti i nostri compagni di strada che nel frattempo sono diventati amici veri e facciamo tutti una grande festa.
Seguirà la doccia più calda e bella della mia vita e qualche minuto di riposo in un letto vero. Alla sera premiazioni e cena di gala e poi a nanna.
Si torna in Italia dopo parecchie peripezie, alla Malpensa parenti e amici mi aspettano ed andiamo in pizzeria a Milano. E' sabato sera e c'è un casino infernale. E' paradossale che in poche ore sono passato dal “rumoroso” silenzio del deserto al rumore di Milano....
Esperienza bellissima che consiglio a tutti, il deserto ti resetta e ti ripulisce. Si torna nella civiltà molto migliori rispetto a quando l'abbiamo lasciata.
Buone corse!






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