Nel 2011, a soli tre
giorni dalla partenza, la gara era stata annullata per i disordini in
Nord Africa soprattutto nella confinante Libia.
Per la forte delusione mi
ero quindi iscritto al Passatore e in quella indimenticabile notte
sull'Appennino con Lillo, Carmelo e Rada avevo maturato l'idea di
pubblicare il mio libro “Spostando il limite un po' più in là”.
Ma quest'anno la gara c'è
stata,eccome!
Sono partito da solo ben
consapevole del fatto che presto avrei conosciuto molti nuovi amici e
così in effetti è stato. La convocazione alla Malpensa di domenica
4 marzo è stata l'inizio di una grande avventura. Ho subito
conosciuto molti podisti tra cui Roberto, un 57enne di Milano col
quale avrei diviso la camera la prima sera.
Il volo
Milano-Tunisi-Djerba è filato liscio ed arrivati in Tunisia ci siamo
sistemati in un resort dove abbiamo cenato e dove, svolte tutte le
operazioni logistiche, abbiamo passato la prima notte. L'ultima in un
vero letto per qualche giorno....
L'indomani ci siamo
trasferiti con il pullman verso l'oasi di Ksar Ghilane, a 200km di
distanza, attraversando posti da fantascienza(in alcuni di questi
luoghi hanno girato Guerre Stellari) per poi entrare in una zona pre
desertica ed infine arrivare al cospetto del grande mare di sabbia.
La vista del deserto per
la prima volta mi ha lasciato per parecchio tempo a bocca aperta, una
distesa infinita di dune che si perdevano all'orizzonte in qualunque
direzione si guardasse. Sabbia rossa e finissima che sembrava
borotalco.
Dopo la presentazione
della gara, il controllo dei materiali e la consegna dei pettorali(il
mio era il n°79), abbiamo cenato e ci siamo infilati nel sacco a
pelo dentro la tenda/bungalow. Questa aveva i muri laterali in
mattone e la corrente elettrica all'interno, il tetto era composto da
teli ed il sacco a pelo poggiava su materassini color (e odor)
cammello.
Martedi 6 marzo alle
10.30, dopo aver consegnato il bagaglio e dopo aver fatto la spunta
dei pettorali(obbligatoria ogni mattina e ad ogni check point durante
la gara), ci siamo messi sulla start line in pieno deserto del Sahara
in attesa del via.
I Queen con We Will Rock
You hanno sancito l'inizio della battaglia: 24 km di sabbia, vento,
dune, pietre e arbusti. Gli allenamenti alla Montagnetta sono tornati
utili nei primi 3,5 km di saliscendi nella sabbia nella quale si
affondava fino alla caviglia.
Finite le dune abbiamo
percorso una pista dal fondo irregolare con pietre ed arbusti che
sembrava sempre in salita. Dopo i primi km dove c'è sempre un po' di
ressa, ho corso per lunghi tratti in solitudine con un silenzio
intorno che sembrava irreale. Sentivo solo i miei passi e l'acqua nel
camel bag che si muoveva ad ogni balzo. Al primo ed unico ristoro
intermedio, la telecamera di Sky Sport ha chiesto le impressioni a
caldo sulla gara!
Al 19° km sono
ricominciate le dune, stavolta alte anche 30 metri, che ci hanno
portato al primo campo tendato nel quale abbiamo passato il resto
della giornata e soprattutto la tremenda notte che stava per
arrivare.
Non dimenticherò mai la
prima notte nella tenda berbera.
Vento, sabbia, pioggia,
il sacco a pelo era l'unico riparo che avevamo. Alle 3 di notte la
tenda è crollata su un lato. I miei compagni d'avventura, beati
loro, nonostante tutto ciò che stava accadendo, hanno continuato a
dormire un sonno profondo. Io sono uscito sotto l'acqua per cercare
di sistemare la situazione ma senza successo. Non ho più chiuso
occhio fino all'alba, chiuso nel sacco a pelo schiacciato sotto la
tenda.
Il secondo giorno di gara
ci ha visti impegnati in due tappe, 16 km “tranquilli” alla
mattina e poi la prova notturna di 7 km.
Alla mattina ho corso
bene nonostante le gambe dure per i 24 km di saliscendi del giorno
prima e sono arrivato al secondo campo dopo 1 ora e 22' di gara. E'
uscito anche un timido sole che se non altro è servito per fare
asciugare gli indumenti tecnici di tutti noi. La doccia, anche se non
si può proprio chiamarla così, era di acqua ghiacciata
controvento(ghiacciato). Ma d'altronde non ce la potevamo prendere
con nessuno, ognuno di noi aveva scelto l'estremo e l'estremo era lì
con noi in quell'angolo di Terra dimenticata da Dio a farci
compagnia.
La prova notturna,
partita con “The dark side of the Moon” dei Pink Floyd, dedicata
all'indimenticabile Luna piena che ci guardava da lassù e con
l'unico cielo stellato della settimana, è stata qualcosa di
difficilmente raccontabile. Neanche nella notte stellata e durissima
del Passatore ho visto niente di simile. La luce frontale che avevamo
con noi non serviva a nulla, la Luna era come un immenso lampione che
illuminava i nostri passi incerti in quel magico momento ed in quel
posto incredibile. Proprio guardando all'insù la volta celeste sono
inciampato in un sasso e sono caduto. Una bella botta che però non
mi ha impedito di completare le prove che mi aspettavano.
Il terzo giorno di gara
era prevista la prova più lunga, l'impossibile tappa maratona...42
km di corsa nel deserto del Sahara. Potrò raccontare un giorno ai
miei nipoti di aver corso tutta quella strada, là nell'oceano di
sabbia. Qualcuno pensa che siamo pazzi, magari lo siamo davvero. Ma è
vero anche che noi pazzi osiamo dove gli angeli temono d'andare.
Parto piano,vorrei stare
sulle 4h45'/5h. In alcuni tratti correre è impossibile e poi
dobbiamo ottimizzare bene le nostre scorte di acqua e viveri perchè
ci sono solo due ristori lungo la strada.
Dopo 12 km il mio
compagno di avventura e di tenda Antonio, un ragazzo 19enne di Roma
detto Er Sabbia per la simbiosi che si è venuta a creare tra lui e
questo elemento naturale, sente una contrattura ad una coscia e si
deve fermare per una fasciatura. Io continuo e dopo poco trovo
Rossana e Mary Luise, due atlete(italiana e dominicana) impegnate in
gara. Rossana in quel momento è terza tra le donne in classifica
generale e sta correndo nonostante un'infezione ed il consiglio del
medico di ritirarsi(i medici...??!!!). E' un po' in crisi e mi chiede
di “tirarla” per qualche km. Arriviamo in tre al primo ristoro,
poco dopo Mary Luise si stacca per problemi allo stomaco e
continuiamo io e Rossana.
Dopo il 30°km si entra
nel “mio territorio”, è il momento in cui di solito sto meglio
ed infatti sono fresco e lucidissimo e continuo ad incitare e a
tirare la mia compagna di corsa. Lei non ne può più ma mi segue
mentre i km passano tra dune impossibili, piste e vento. Arriviamo al
secondo ristoro, posto al 33°km, mancano solo 9 km alla fine del
tappone.
Rossana mi prega di stare
con lei fino alla fine perchè pensa di non farcela da sola. Io, in
quel momento, decido di accettare la sua richiesta. D'altronde per me
arrivare 62° oppure 55° non cambia molto. Rossana invece è in
corsa per un piazzamento in classifica.
Per farla breve,
arriviamo al traguardo insieme sulle note di “We are the Champions”
con lei che davvero non ne ha più. Appena superata la finish
line(dopo 5h05'), Rossana scoppia in un lunghissimo pianto e mi
abbraccia e mi bacia continuamente dicendomi 200 volte “grazie”.
Arrivano telecamere e fotografi e capisco che ho fatto la cosa
giusta.
In tenda ripenso ai miei
primi passi nel mondo del running, alla prima mezza nel 2009, alla
prima maratona....penso che ne ho fatta davvero di strada da allora e
chissà quanta ne farò ancora....a quante volte sposterò ancora il
limite un po' più in là.....
In quel momento passa
Rossana zoppicante e da lontano mi dice: “Grazie, non lo
dimenticherò mai!!”. Neanche io dimenticherò mai questa
avventura.
Il quarto giorno di gara
è climaticamente il peggiore: freddo, pioggia e vento. Per fortuna
questa volta finiremo in un albergo vero, con muri, pavimento, bagno,
acqua calda, letto, cuscino, materasso ecc.....
21 km controvento nel
deserto non li auguro nemmeno al mio peggior nemico ma si sa che il
mio motto è “Never retreat,never surrender” e quindi corro
imperterrito fino alla meta.
Dune altissime sferzate
da un vento impossibile ci portano fino all'oasi di Douz conosciuta
come la “Porta del Sahara”. L'enorme porta bianca dell'oasi in
effetti divide il deserto dalla civiltà. Da lontano sembra un
miraggio ma è stupendo quando la varchiamo per davvero.
Ora mancano solo 1,5 km
alla fine. E tutti su asfalto.
Là, dietro di me, dietro
il camel bag con la bandiera dell'Italia, dietro la maglia di “Novara
Che Corre” che ha conquistato il deserto, dietro le mie gambe che
cercano sempre il limite ci sono 110 e rotti km di Sahara. Di sabbia,
di vento, di freddo e di caldo, di sabbia...tanta sabbia. Davanti a
me poche centinaia di metri che dividono la pazzia di iscriversi ad
una gara del genere dalla gloria eterna per averla portata a termine.
Corro veloce e arrivo al
traguardo.
Emozione immensa, foto,
bandiera di Drug Free World che mi avvolge e solito balletto alla
Bolt.
Anche questa è fatta, è
finita. Ora posso riposarmi.
La medaglia, così come
la maglia da finisher è bellissima.
Da lì a pochi minuti
arrivano tutti i nostri compagni di strada che nel frattempo sono
diventati amici veri e facciamo tutti una grande festa.
Seguirà la doccia più
calda e bella della mia vita e qualche minuto di riposo in un letto
vero. Alla sera premiazioni e cena di gala e poi a nanna.
Si torna in Italia dopo
parecchie peripezie, alla Malpensa parenti e amici mi aspettano ed
andiamo in pizzeria a Milano. E' sabato sera e c'è un casino
infernale. E' paradossale che in poche ore sono passato dal
“rumoroso” silenzio del deserto al rumore di Milano....
Esperienza bellissima che
consiglio a tutti, il deserto ti resetta e ti ripulisce. Si torna
nella civiltà molto migliori rispetto a quando l'abbiamo lasciata.
Buone corse!
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