Taggia (IM). Domenica 3
maggio 2015. Ore 6.40 circa.
Sto correndo
ininterrottamente da mezzogiorno di venerdì.
Ho lasciato alle spalle,
uno dopo l’altro, una marea di km. Circa 271. Il Sogno è molto vicino, soltanto
14 km mi separano ormai da Sanremo. Il sole si sta alzando nel cielo della
terza giornata consecutiva di corsa.
Chiedo per la
milionesima volta al mio team dell'acqua. Nonostante le oltre 40 ore sul pezzo,
in due secondi vedo spuntare sia a destra che a sinistra due bottigliette da
mezzo litro già sapientemente prive del tappo per agevolarmi. Il mio team è lì
con me, ancora una volta. Fino alla fine.
Succede qualcosa che non
mi era mai capitata prima: scoppio in un irrefrenabile pianto di gioia. Mi
chiedo cosa possa avere fatto di così buono per meritare tutto questo. Perché 7
ragazzi mi stanno supportando, incitando, aiutando da due giorni senza sosta,
senza chiedere nulla in cambio? La loro prontezza, il loro ottimo servizio, il
loro essere così amici mi commuove fino alle lacrime. Perdo la corazza del duro
e mi lascio andare. Questi ultimi 14 km me li mangerò, li distruggerò uno dopo
l'altro fino al trionfo.
In quel preciso momento
realizzo che ce l'ho fatta, anche se stavolta è diverso. Sarebbe più corretto
dire "ce l'abbiamo fatta".
Senza di loro, senza i
miei amici, non sarei andato da nessuna parte.
È possibile innamorarsi di una gara, specie così lunga?
Fino a qualche tempo fa avrei detto proprio di no. Ogni gara, seppur bella,
alla fine mi aveva stancato tanto da farmi dire ogni volta che non l’avrei mai
più corsa.
Eppure stavolta è successo.
Il mio rapporto con la
UltraMilano-Sanremo non è stato sempre dei migliori, anzi. Non avrei nemmeno
dovuto correrla. Il mio sogno, che tale è rimasto e probabilmente rimarrà, era
la mitica Spartathlon: la cosiddetta “corsa degli Dei”, 246 km da Atene alla
statua di Re Leonida a Sparta in 36 ore di tempo massimo. Questa competizione
viene giustamente considerata la più dura del mondo ed ogni anno vengono
irrigidite le qualifiche per potervi partecipare. Per l’edizione 2015 ero
qualificato per soli 18 minuti e ci avevo fatto ben più di un pensiero.
Poi, la lieta notizia di un figlio in arrivo per la metà di agosto mi ha
naturalmente fatto cambiare tutti i programmi e non me le sono più sentita di
affrontare una simile avventura poco dopo la nascita.
Proprio in quei giorni (era più o meno dicembre) è arrivata la notizia che
ci sarebbe stata la seconda edizione della UltraMilano-Sanremo con molte novità
rispetto alla prima, tra cui il cambio di data da fine marzo ai primi di maggio
e soprattutto l’aumento delle ore a disposizione per chiuderla (da 42,
impossibile per me, a 48).
Insomma, il periodo era buono, i cancelli orari pure quindi non ho perso
tempo ed ho spedito agli organizzatori il curriculum. In poche ore la loro
risposta positiva mi ha proiettato in questa gara che, solo a pensarci, mi dava
i brividi.
I numeri erano stati fin da subito chiari: da Milano a Sanremo, lungo il
percorso della classica ciclistica, su strade aperte al traffico, con lo
scavalcamento del passo del Turchino, con l’arrivo sul mare a Voltri e con
tutta la mitica Aurelia da correre fino alla città dei fiori. 285 km no stop,
14 checkpoint, 3 cancelli orari, team di supporto obbligatorio, semi autosufficienza
e soprattutto 48 ore di tempo massimo.
I mesi di avvicinamento alla competizione si sono susseguiti tra
allenamenti più o meno fantasiosi, con il supporto di amici che pian piano sono
diventati una grande famiglia. Nelle settimane precedenti alla gara ho
conosciuto prima virtualmente, poi di persona, alcuni compagni di avventura "fuori di testa" come me con i quali abbiamo condiviso questa incredibile avventura tra i
quali la grandissima Paola Coccato, già iscritta lo scorso anno, e Julius Iannitti.
Ho scelto uno per uno i membri del team di supporto che mi avrebbero
accompagnato lungo tutta la strada e dopo molti studi, la scelta è ricaduta su 7 persone fidatissime. L’impegno, d'altronde, sarebbe stato tosto soprattutto
per loro perché due giorni in giro in macchina non passano più. Ho scelto anche
in base al fatto che alcuni di loro avrebbero dovuto correre un bel numero di
km in preparazione del Passatore e quindi sarebbero stati perfetti come
passisti durante la gara.
Carichi a molla, organizzati fino ai minimi dettagli, con la giusta (ma mai
troppa,in fin dei conti è un gioco) tensione ci siamo presentati venerdì 1
maggio 2015 all’Alzaia del Naviglio Pavese a Milano luogo scelto per la
partenza della gara.
Sono tranquillo, vivo l’attesa molto bene, scherzo con tutti. Non ho ancora
realizzato quello che sto per fare. Bevo un caffè al bar vicino allo start con
i ragazzi. Qui, mentre sono seduto a rilassarmi, succede una cosa alla quale
ripenserò molto durante la gara: il grande Joao Oliveira (per chi non lo
conoscesse, uno dei più forti ultramaratoneti del mondo vincitore della
Spartathlon e della TransOmania tra le altre) che avevo conosciuto di persona il
giorno prima al meeting pre gara, seduto accanto a me nel bar, mi lancia due
bustine di zucchero per attirare la mia attenzione. Quando mi giro verso di lui
mi dice: “ci vediamo a Sanremo!” con tono deciso, quasi un ordine! Lì per lì
non ci ho pensato, poi ho realizzato che uno dei più grandi mi aveva
incentivato a farcela, come se fossi un suo collega. Molto orgoglioso per
quello che aveva fatto, gli rispondo di sì con un cenno della testa. Questo
aneddoto non lo dimenticherò mai!
Manca ancora un’ora al via, arrivano anche Antonella, Ettore e tutto il
team della Via della Felicità. Sono lì per salutarmi! Ricevo anche la
graditissima visita di Stefano,Monica e dei loro bambini. Mi fa davvero piacere
pensare a tutti questi amici venuti apposta alla periferia di Milano in un
giorno di festa solo per augurarmi di “vivere” una buona avventura. Questa cosa
mi carica ancora di più!
Queste sono gare “di testa” ed una testa “carica” vale molto di più di
gambe allenate!
Facciamo tantissime foto, arriva anche Stefano Pizzella che non vedevo da
un bel po’ e anche questa visita mi riempie di gioia. Ho con me parecchie
magliette di varie associazioni di amici con le quali ci tengo a correre un
pezzo di strada. I km di certo non mancano:285 km sono 7 maratone consecutive,
posso usarne una a maratona! Ho la maglia dell’Abbraccio della mia amica
Simona, quella degli XRunners che corrono per Emergency del mio amico Franz,
naturalmente non può mancare il Passo Capponi del vulcanico Alessio Guidi e
poi, immancabile per me fiero testimonial, la maglietta ufficiale della Via
della Felicità!
Quando mancano pochi minuti a mezzogiorno, Michele Graglia (l’organizzatore
della gara di quest’anno, l’uomo che ha fatto diventare grande questa ultramaratona
così affascinante) chiama a raccolta gli atleti e li fa posizionare dietro lo
start. Siamo pochi, 28 per l’esattezza. Inizia l’appello con nome e numero di
pettorale ed è emozionante sentire il mio nome vicino a quello di mostri sacri
come il portoghese Oliveira, lo svizzero Fatton, l'americana Liz Bauer e tanti altri.
Per me, ex sedentario sovrappeso anti sportivo, anche solo il fatto di esserci, di essere lì in quel momento è un’enorme vittoria.
Per me, ex sedentario sovrappeso anti sportivo, anche solo il fatto di esserci, di essere lì in quel momento è un’enorme vittoria.
Chi l’avrebbe mai detto?
In un attimo ripenso agli inizi, alle prime corsette, alla prima ora ininterrotta di corsa, alle prime gare. Guardo verso il basso e vedo il mio pettorale numero 25, una fortissima emozione mi pervade.
In un attimo ripenso agli inizi, alle prime corsette, alla prima ora ininterrotta di corsa, alle prime gare. Guardo verso il basso e vedo il mio pettorale numero 25, una fortissima emozione mi pervade.
Si va.
Alle 12.08 parte la UltraMilano-Sanremo, l’ultramaratona su strada più
lunga d’Europa. Attraverseremo 54 comuni, svariate province e ben tre regioni.
I primi 30 km fino a Pavia sono tutti sulla pista ciclabile che costeggia
il naviglio, qui la macchina del team ha difficoltà ad avvicinarsi e
l’organizzazione ha previsto un ristoro volante fornito dai ciclisti che ci
accompagnano lungo questo tratto. Corro bene, purtroppo quasi sempre da solo.
Ogni tanto raggiungo o vengo raggiunto da altri atleti ma per il resto è una
corsa solitaria. Al km 12, dopo circa un’ora e venti di gara finalmente rivedo
i ragazzi della squadra. Sono tutti concentrati, pronti a dare il loro
contributo (e lo daranno eccome). Chiedo loro di stare più vicini, 12 km sono
tanti. Li voglio vedere più spesso!
Si continua sul naviglio, strada abbastanza noiosa e monotona più che altro
perché continuo ad essere da solo. Correre da soli non mi piace, va bene per
qualche km ma poi è pesante. Per fortuna ho 7 amici che tra poco scenderanno in
strada al mio fianco.
Finalmente da lontano scorgo le prime case di Pavia, conosco bene la strada
per averla fatta milioni di volte in treno. Continuo a correre ed entro nel
centro della città dove incontro le prime rotonde (quante ne vedrò fino a
Sanremo!). Il team mi aspetta e mi indica la strada, sbaglio solo una volta ma
la segnalazione è davvero molto buona. Michele ed i suoi ragazzi hanno davvero
fatto un ottimo lavoro. Corro lungo le strade del centro, fino al ponte sul
Ticino, quante volte ho percorso questa strada in macchina. Mi fa un certo
effetto essere lì in veste di podista. Si esce da Pavia, si segue la statale
con le macchine che sfrecciano a fianco. Dobbiamo obbligatoriamente stare sul
lato sinistro della strada in modo da avere il traffico che scorre verso di noi
e non viceversa. E’ un momento non bellissimo perché mi sto annoiando e questo
è molto pericoloso in gare del genere, dove il morale deve necessariamente
essere sempre alto.
Siamo intorno al km 40, la distanza non è segnata da nessuna parte e questa
diventa ben presto una difficoltà in più da gestire. Naturalmente non ho il
Garmin con me, non servirebbe granché viste le tante ore consecutive che devo
correre. Siamo quasi ad una maratona, ne mancano ancora sei prima di Sanremo.
Meglio non pensarci e dividere la fatica in sezioni più piccole e soprattutto
più sopportabili.
I ragazzi del team sono fantastici, nemmeno per un secondo mi sento solo;
il loro appoggio è costante e preziosissimo.
Passo il ponte sul Po, un altro pezzo di asfalto è andato. Da lontano intravedo
una sagoma inconfondibile, vestita con colori decisamente sgargianti e
fluorescenti: Nico De Marco. Sarà lui il primo passista, il primo dei ragazzi a
scendere in strada per correre con me! Il mio morale si alza subito, finalmente
qualcuno con cui scambiare due chiacchiere! Come sempre mi capita, inizio a
parlare tantissimo specie di aneddoti legati al mio ormai lontano esordio nelle
corse podistiche. Gli racconto del primo paio di scarpe che ho comprato, della
prima garetta non competitiva, della prima mezza. Questi ricordi, anche se
ormai triti e ritriti mi scaldano sempre il cuore.
Passano i km, quasi non li sento, per ora scorrono via lisci. Nico mi
saluta ed al suo posto arriva Luca, che gestirà egregiamente il live della
pagina Facebook per oltre 40 ore. Con Luca si continua a chiacchierare, non mi
accorgo nemmeno che forse sto correndo troppo veloce ma sto bene e questo è
quello che conta.
Arrivo a Montebello della Battaglia, primo checkpoint della gara, al km 56.
Un applauso mi accoglie sotto il gazebo della Croce Rossa dove prendono
nota del nome e del numero di pettorale. Mi siedo tre minuti, giusto il tempo
di mangiare velocemente un piatto di pasta preparato da Ilaria e riparto sempre
con Luca al mio fianco. Mi dicono che sono decimo in classifica e questa
notizia mi fa strano: mai in vita mia ero stato così in alto in classifica, poi
penso che siamo pochissimi e tutto torna alla normalità.
Riparto puntando verso Voghera, Luca sente un fastidio al ginocchio e si
ferma. Ora tocca a Gully.
Gully vuole correre una trentina di km il primo giorno e 42 il giorno
successivo, questo mi piace perché vuol dire che avrò sempre qualcuno con cui
dividere la strada, spero fino alla fine.
Ricominciano le chiacchiere, ogni nuovo compagno di corsa deve sorbirsi
tutti i vari aneddoti che racconto. Loro sopportano ed io svago la mente,
questo mi porta a macinare km con facilità senza sentire nessun fastidio. Le
gambe sono sciolte e vanno molto bene, i dubbi della vigilia sembrano svaniti.
Il tendine d’Achille tiene alla grande, insomma sembra la gara perfetta.
Arriviamo a Voghera dove ricevo la gradita sorpresa di trovare il mio
collega di lavoro Graziano sulla strada. Un mese prima mi aveva detto che la
UltraMilano-Sanremo passava proprio sotto casa sua e che si sarebbe fatto
trovare pronto per incitarmi, quando lo vedo sono davvero felice. Mi sta
riprendendo con lo smartphone e rivedere il video tempo dopo la gara sarà
davvero emozionante.
Lasciamo Voghera, ormai è quasi sera. Inizia a calare il sole e la
temperatura si abbassa. Indosso uno smanicato e continuo a correre. Nel
frattempo, tramite il lavoro di Heros, arrivano tantissimi messaggi audio che
poi mi vengo fatti sentire tramite il suo immancabile megafono. Puntiamo a
Tortona e ci arriviamo dopo alcuni km fastidiosi con vento contrario che ha
ostacolato non poco la nostra marcia. Siamo al km 84, due maratone sono andate.
Ne mancano 5, mancano 201 km al traguardo. In pratica manca una Nove Colli
Running. Scaccio subito questo tremendo pensiero dalla mente.
Il secondo checkpoint non arriva mai, ho un primo momento di sconforto. I
ragazzi chiedono informazioni all’organizzazione, io voglio solo arrivare per
fare il punto della situazione e prepararmi per la lunga notte che mi attende.
Quando tutto sembra nero e senza soluzione, come un’oasi nel deserto spunta il
secondo checkpoint, spostato per motivi logistici di un paio di km. Siamo al km
88, sono strafelice di potermi cambiare e rifocillare. Sono su di giri perché
mi rendo conto di stare bene sia fisicamente che mentalmente, vengo addirittura
intervistato dagli organizzatori ed il video, messo subito online sul sito
della gara, verrà visto da oltre 2500 persone! Mi sono rivisto anche io qualche
giorno dopo ed è sinceramente impressionante la mia tranquillità dopo quasi 90
km di corsa.
Il bello è che io non me ne rendo conto, per me la corsa è un gioco fatto
da uno scopo (arrivare al traguardo), con delle barriere (le difficoltà della
gara) e con delle libertà (la bellezza del correre per tante ore). Mi piace e
lo faccio perché mi diverto, non ci sono altri motivi.
Riparto rinvigorito nel fisico e nello spirito, stavolta tocca ad Ilaria
che deve prepararsi per la 100 km del Passatore e ha in tabella un bel lungo di
75-80 km. Niente di meglio per me, vorrà dire che avrò lei al mio fianco fino a
Voltri. Fino al mare.
Ancora non sappiamo, né io né lei, che quella che sta per iniziare sarà una
notte indimenticabile.
Ormai siamo in vista del km 100, per un piccolo pezzo di strada corre con
noi il mitico Alessio Malena che ha la bellezza di 64 anni ed il fisico di un
ventenne e che finirà la gara con uno stratosferico nono posto.
Il km 100 è a Novi Ligure. Guardo il cronometro: 11 ore e 43 minuti, è il
mio personale sulla distanza. Mai avevo corso 100 km così “veloci”. Forse è una
follia, mancano ancora 185 km. Però sto bene, continuo a stare molto bene e
penso che sia meglio mettere “fieno in cascina”.
Come mi aveva promesso, trovo il mio amico Toma che mi aspetta ed anche in
questo caso sono felicissimo. Pensare che lui sia lì per me, a mezzanotte, di
un venerdì sera mi riempie di orgoglio. Mi saluta, facciamo un selfie e
camminiamo per qualche centinaio di metri parlando della gara. Gli dico che sto
bene e lui, guardandomi, conferma. Lo saluto, lo ringrazio calorosamente e
riparto verso Basaluzzo.
A Basaluzzo succede una cosa incredibile: ad aspettarmi e a fare il tifo
per me trovo Claudio Lauretta con la sua famiglia. Lui è il più bravo imitatore
italiano, ha lavorato in tv e a Radio Deejay, ha partecipato ad Italia’s Got
Talent ed a molti altri programmi. Anche lui è lì per me! Lo saluto, quasi non
ci credo. Facciamo un selfie che poi metterà su Twitter, lo ringrazio. Non so
cosa dire! Lascia anche un audio della sua celebre imitazione di Sgarbi sulla
nostra chat atleti di Novara Che Corre.
Riparto carico, Toma e Claudio mi hanno davvero emozionato e non finirò mai
di ringraziarli.
Con Ilaria si parla di tutto, siamo
davvero affiatati. Lei è tosta e non molla un colpo, corriamo bene nonostante i
km ora siano davvero tanti. La strada prosegue, si percorrono strade statali
così come strade secondarie poco illuminate. La gente che incontriamo ci guarda
stralunata, non capisce cosa stiamo facendo. Non ci proviamo nemmeno a
spiegarlo perché non capirebbero.
Il ritmo cala decisamente, la stanchezza comincia a farsi sentire. Per ora
non ho sonno per fortuna. Lentamente arriviamo al primo cancello orario situato
nel terzo checkpoint ad Ovada. Siamo al km 122. Ho oltre due ore di anticipo
sul tempo massimo e questo mi rincuora. Ho tutto il tempo per riposarmi,
mangiare, cambiarmi e ripartire con calma. Entro e come sempre lascio nome e
numero di pettorale, mi dicono che sono nono in classifica. Mi siedo, mi
cambio, cerco di rilassarmi ma non ci riesco molto. L’adrenalina scorre a
fiumi, sono sul pezzo. I ragazzi sono tutti lì intorno a me, è una situazione
surreale. Siamo in piena notte, in una sede della Croce Rossa sperduta tra le
valli e non siamo nemmeno a metà di una gara folle di 285 km no stop.
I volontari del checkpoint mi chiedono se ho intenzione di continuare, li
guardo infastidito da questa inutile domanda. Certo che continuo, sono lì
apposta e con me ci sono 7 amici indistruttibili che non mi lasceranno solo un
momento. Esco dalla calda ed accogliente oasi e mi butto per strada, al freddo
ed al buio. La lunga lingua d’asfalto inizia a salire, si va verso Masone,
ultimo checkpoint prima del temibile passo del Turchino. Le salite non mi fanno
paura, nella mia vita sportiva ho già affrontato il passo della Colla al
Passatore (4 volte), il salto della Capra ed il Monte Grappa alla 100 km di
Asolo, l’arrivo a Saint Vincent della 100 km delle Alpi e soprattutto i nove lunghissimi
colli dell’omonima Nove Colli Running.
Mentre siamo in marcia si avvicina un’auto dell’organizzazione che ci
comunica che al Turchino si è scatenata una tempesta: diluvio, vento fortissimo
e freddo gelido. Ci dicono di prepararci con l’occorrente per affrontare queste
avverse condizioni meteorologiche. Questa non ci voleva. In un primo momento mi
assale un po’ di sconforto ma subito dopo decido di pensare positivo, al
Turchino mancano ancora 20 km e sicuramente quando transiterò io il peggio sarà
passato. Continuo la mia salita verso Masone con Ilaria, si parla davvero di
ogni cosa soprattutto di progetti futuri. Sono argomenti che mi toccano il
cuore ed è quello che ci vuole per affrontare questa lunga e fredda notte, il
pensiero del focolare (come consigliato da Andrea Squeo) mi tiene compagnia in
queste ore infinite.
Penso di stare bene ma in realtà ho un attacco di sonno incredibile e quasi
inaspettato. Non me ne rendo conto ma pian piano chiudo gli occhi e mi
appisolo. Nulla di che se non fosse per il fatto che nel frattempo sto
continuando a camminare! Nel 2013 alla UltraBalaton mi era già capitato di
avere dei colpi di sonno in corsa, quella volta però fu solo un attimo: mi si
chiusero gli occhi, la testa cadde in avanti ed io fui costretto ad
interrompere la corsa perché sbandai e finii fuori strada in un prato al fianco
della carreggiata. Stavolta invece mi addormento del tutto! Sto camminando
veloce in salita ( si tiene un ritmo di circa 10 minuti al km), sono avvolto in
una coperta per il freddo ma sto dormendo! Ilaria mi fa alcune domande che non
ricordo, io biascico qualche incomprensibile parola per risponderle e non
guardo nemmeno dove sto andando. Lei allora compie un gesto che non
dimenticherò mai: prende un lembo della coperta e lo tiene stretto nella sua
mano sinistra, così facendo mi controlla ed evita sbandamenti e cadute.
Soprattutto mi protegge. Un angelo custode in questa indimenticabile notte
verso Sanremo!
Mi faccio un buon 5 minuti di sonno profondo e ristoratore, quando mi
riprendo e mi sveglio mi sembra di aver dormito otto ore! Non ricordo nulla
delle domande di Ilaria, ricordo solo lei che mi avvisa di un ostacolo sulla
strada ed io che le rispondo che “un vero ultra vede anche ad occhi chiusi”.
Naturalmente non è vero ma mi piace pensarla così!
Quando sta iniziando ad albeggiare vedo il cartello di ingresso in Masone,
è mattino presto. La prima notte sta finendo, il paese sembra disabitato e non
vedo l’ora di arrivare al checkpoint. Dopo qualche curva, scorgo le macchine
del team parcheggiate e vedo Nico venirci incontro, ci siamo. Entro in
quest’altra sede della Croce Rossa (ottimo il loro lavoro di supporto alla
manifestazione), mi siedo su una brandina e il volontario mi porge gentilmente
una bella tazza di the caldo. Non sto fermo per molto tempo, il “micro” sonno
mi ha rigenerato e non voglio perdere minuti preziosi. Siamo al km 144, appena
fuori dal checkpoint inizia la salita che porta al passo del Turchino. I
ragazzi mi avvisano che ho scalato un’altra posizione in classifica, ora sono
ottavo. Nico è in contatto con gli organizzatori, lo avvisano che la prima
notte di gara ha fatto una “strage” di podisti, ci sono già oltre 10 ritirati.
Ripartiamo, sempre Ilaria al mio fianco. Si sale, stavolta per davvero. Ci
sono 4,5 km di tornanti con discreta pendenza, li percorriamo a buon passo. Ho
voglia di arrivare al mare, ormai non è più tanto lontano. Il sole è nascosto
dietro le nuvole ma c’è, la tanto temuta tempesta invece non si è vista per
fortuna. Alle 7.55 del mattino del secondo giorno di gara, finalmente vediamo
il cartello che indica la fine della salita e l’inizio della tanto attesa
discesa. La scritta è inequivocabile: “Passo del Turchino 532 metri s.l.m.”.
La parte più brutta della gara è alle spalle, ora inizia quella che
dovrebbe essere la sezione più bella almeno per i panorami che andremo ad
incontrare. Io e Ilaria ci buttiamo in discesa, da sempre è il mio forte. Ci
aspettano 11 km consecutivi di pendenza negativa, in realtà secondo i nostri
errati calcoli dovevano essere solo 7-8. Sto bene e voglio recuperare terreno,
le gambe ci sono e mi lascio andare correndo a ritmi velocissimi, tra i 5’20”
ed i 5’30” al km. Voglio arrivare al più presto a Voltri, voglio arrivare al
prossimo checkpoint, voglio lasciarmi alle spalle la prima parte di gara.
Corriamo per un’ora consecutiva, la discesa agevola la nostra falcata ed i
quasi 160 km già fatti sembrano non pesare. Ilaria, che dovrà correre il
Passatore a fine mese, resta stupita di questi ritmi e manda un messaggio
vocale nella chat atleti di Novara Che Corre. Gli amici della società, tramite
Whatsapp, mi mandano continuamente messaggi di incitamento, i ragazzi del team
filtrano e mi fanno ascoltare quelli audio. Sono a casa e stanno tifando per
me: in gare estreme come queste, la loro carica vale mille volte di più di una
preparazione fisica.
Queste sono gare “di testa”, qui le gambe (seppur allenatissime) contano
poco. Qui la mente la fa da padrone. Qui c’è la consueta “guerra” tra la mente
che vuole continuare ed il corpo che vorrebbe fermarsi. Il calcolo è semplice:
se vince la mente arrivi in fondo, se vince il corpo ti ritiri. Da qualche anno
a questa parte ho imparato a gestire il corpo con la forza della mente, è la
forza della mente che dirige il corpo.
Il corpo, semplicemente, fa quello che dico io e non viceversa.
Dopo una serie infinita di tornanti, vediamo davanti a noi un cartello
stradale. E su quel cartello c’è scritto “Genova”.
Non ci credo, sono partito da Milano di corsa e sono arrivato a Genova. Sono
contento perché sento di avere già compiuto un’impresa. Comunque andrà potrò
dire di essere arrivato almeno fino a lì! Si entra nel centro abitato, c’è un
po’ di traffico dovuto al mercato rionale del sabato mattina. Si corre sul
marciapiede e le immancabili strisce segnaletiche gialle e rosse ci aprono la
strada. Esce anche un timido sole,
sembra fatto apposta per accompagnare il momento che sto per vivere e che
rimarrà per sempre impresso nella mia mente: girato l’angolo, finalmente, lo
vedo.
Il mare.
Sono partito dalla grigia Milano ieri a mezzogiorno. Sono le nove del
mattino e sono arrivato al mare. Sono partito da casa e ho corso fino al mar
Ligure. Penso alla cartina geografica dell’Italia e rimango per un attimo senza
parole.
Cammino veloce per un km ed arrivo al checkpoint di Voltri, siamo al km
159. A Sanremo manca una vita.
Mi siedo ed i ragazzi mi portano la borsa con i cambi. La temperatura si è
alzata, mi vesto con indumenti più leggeri. Faccio un veloce check up e decido
di non cambiare i pantaloncini. Le gambe stanno bene, nonostante tutto ma ho
qualche problema di vesciche. Faccio un veloce controllo e decido di tamponare
con i cerotti fin dove posso. Realizzo che sarebbe stato meglio correre con
altre scarpe, più ammortizzate tipo le Hoka con le quali avevo chiuso la Nove
Colli Running senza particolari problemi. Ma ormai siamo in ballo e non serve a
niente pensare agli errori. Cerco di mangiare qualcosa ma ho lo stomaco chiuso,
non riesco a digerire bene ed ogni volta che ingurgito qualcosa sento un peso
fastidioso.
Riparto con Ilaria che sta per chiudere la sua performance, vuole arrivare
alla cifra tonda di 70 km. Mi ha accompagnato nella parte più difficile, mi ha
scortato fino al mattino, fino al mare. Corriamo ancora per un paio di km poi
mi saluta. La abbraccio e ci commuoviamo entrambi. La corsa, specie quella di
resistenza, unisce più di qualunque altra cosa e noi, la notte appena
trascorsa, non la dimenticheremo più. Guardo Ilaria che risale in macchina con
gli occhi lucidi che sono anche i miei, ma ora non posso pensare a questo. Devo
per forza guardare avanti, manca ancora tantissimo e devo restare sul pezzo. E
poi, a dare il cambio alla splendida Ilaria, arriva la persona giusta. L’unica
persona che in quel momento vorrei con me: Anna.
Anna ha preso la UltraMilano-Sanremo tremendamente sul serio. Ha avuto una
resistenza fuori dal comune, ha guidato l’auto di supporto per oltre 12 ore e
adesso scende in strada per correre. Ancora non lo sa, ma oggi sarà una
giornata storica anche per lei e sposterà di molto il suo limite.
Decidiamo di impostare la nostra marcia con un km di corsa (anche due
quando le gambe vanno) ed un km di camminata veloce sempre intorno ai 10 minuti
al km. Questo serve per preservare le gambe e per risparmiare preziose energie
che in seguito saranno decisive. Così facendo stiamo bene ed i km passano
incredibilmente lisci. In questo tratto di strada molte volte si lascia la
statale per correre sulla pista ciclabile dove le macchine non possono passare,
il team quindi si vede poco ma Anna è sempre in costante contatto con loro
tramite il telefono. Passiamo attraverso scorci molto belli con lunghe gallerie
e strapiombi impressionanti a picco sul mare. Stiamo percorrendo il tracciato della
vecchia ferrovia e c’è un mucchio di gente che corre, va in bici o
semplicemente passeggia. Molti mi vedono con il pettorale di gara ed iniziano a
chiedere di che gara si tratta: rispondo ma la maggior parte delle persone non
ci crede che io stia correndo da Milano e mi debba dirigere a Sanremo così desisto dallo spiegare
ulteriormente. Non ho la forza di rispondere alla solita serie di domande.
Finisce la pista ciclabile, rientriamo sull’Aurelia e ritroviamo il team.
Siamo a Varazze. Guglielmo dall’auto mi dice che mancano circa 1,5 km al
checkpoint (sempre nella sede della Croce Rossa) e questa notizia mi rallegra
molto, ho corso già una mezza maratona da quando sono ripartito da Voltri e non
l’ho patita per niente anche perché con Anna si chiacchiera di tutto. Il mio
morale è molto alto e riesco addirittura a correre veloce.
Poi purtroppo arriva l’imprevisto.
Una leggerezza, una valutazione sbagliata, sicuramente la stanchezza. Sta
di fatto che, giunti nel centro di Varazze, non troviamo più le auto di
supporto. Anna si adopera subito per chiamare i ragazzi che sono divisi in due auto,ma i due gruppi
non sono in comunicazione tra loro. Cerchiamo di farci dare delle notizie sul
luogo esatto del checkpoint ma arrivano dati confusi ed incongruenti. Ad un
certo punto pare addirittura che, senza accorgercene, abbiamo superato il punto di sosta. Sono
costretto a fare quello che non avrei mai voluto: tornare indietro. Subito dopo
ci dicono che il checkpoint è più avanti sulla strada che già stavamo percorrendo,
Anna va avanti veloce e la perdo. Resto solo.
Cambio di nuovo senso di marcia e ritorno in direzione Sanremo, sono
incazzato nero. Il morale è andato a terra, la vivo malissimo. Doveva essere
solo un fottuto km e mezzo, ma anche questa notizia si è rivelata
inattendibile. Ho dovuto percorrere alcune centinaia di metri in più, come se
non bastassero 285 km. In questo momento vorrei uccidere ogni membro del team.
Corro da solo sul marciapiede, le macchine a fianco sfrecciano
sull’Aurelia. C’è un gran sole e fa un caldo boia. Penso a tante cose ma ho la
forza, nonostante tutti i disagi, di non perdere la testa. Resto lucido anche
se sono sveglio da oltre 24 ore e sto correndo il km 180. Sì, 180. 180 km e il
morale è ai minimi storici. Capisco per esperienza che questo momento è
decisivo.
Qui si vede la differenza tra un ultra ed uno che ultra non lo sarà mai.
Devo stare calmo e far passare la crisi. Il fisico sta reggendo, la testa farà
il resto.
Da lontano scorgo l’inconfondibile croce rossa su sfondo bianco, ci siamo.
Ecco il checkpoint. Mi corre incontro Gully, mi dice qualcosa che non ho voglia
di ascoltare. Non lo guardo e non gli rispondo, sono arrabbiato. Capirà. Arrivo
al tanto agognato punto di sosta, le auto dei ragazzi sono parcheggiate fuori.
Entro. Nessuno di loro ha il coraggio di fiatare, sanno di aver fatto una
cazzata. Mi sdraio su un divano, Gully mi porge la focaccia al formaggio che
gli avevo chiesto. Mi portano le borse, mi chiedono se ho bisogno di qualcosa.
Il momento è di quelli che si ricorderanno. Chiedo a tutti di uscire, voglio
stare solo. So che mi passerà ma non voglio nessuno intorno, anzi chiedo a
Ilaria di rientrare e di stare lì con me ma senza dire una parola. Passo 10
minuti a fissare il soffitto.
Mi passa, ora sono più rilassato. Chiamo Heros, il Direttore del team, e
gli chiedo di far rientrare tutti. Ora i ragazzi sono tutti lì con me, chiedo
loro di starmi vicino, di non lasciarmi solo. Li ringrazio per il fatto di
essere presenti in questa follia, li ho voluti io uno per uno. Siamo tutti
stanchi ma siamo ancora dentro al sogno. Andiamo a prendercelo.
Ripartiamo con Anna, lasciamo alle spalle anche Varazze e puntiamo decisi
al km 200. Passo uno dopo l’altro tutti i paesi della riviera che conosco a
memoria per averci passato molti weekend e qualche vacanza con la famiglia. Mi
chiama mio fratello, che bello sentire la sua voce! Me lo passano al telefono
mentre sono sulla pista ciclabile al km 185 e gli dico che sto bene, la crisi è
passata e sto riprendendo terreno. Lo saluto e ritorno alla mia gara ma subito
dopo ripenso quello che gli ho appena detto. Sono al km 185! Mancano 100 km a
Sanremo, “solo” un Passatore. Ieri erano quasi tre, ora soltanto uno. Decido di
correre ancora un km per sfondare quel maledetto muro e così faccio. Km 186,
meno 99 km a Sanremo. Abbattute le tre cifre, si va.
Heros sta facendo come sempre baldoria, ferma i passanti e chiede loro di
incitarmi. Urla nel megafono, amplifica i messaggi audio che gli amici stanno
mandando da casa. Quello che ne consegue è che al mio passaggio sulla pista
ciclabile piena di gente del sabato pomeriggio sulla riviera del ponente
ligure, centinaia di sconosciuti mi chiamano per nome incitandomi e battendo il
cinque, il tutto con il sottofondo del megafono che spara fuori messaggi di
incitamento più o meno trash.
Tra le persone che Heros contatta c’è Roberta, l’amministratrice della
pagina di Facebook “Passione Running” che è tra le più seguite con oltre 9000
contatti. Chiede a Heros, visto che passiamo sotto casa sua, di potermi fare
un’intervista volante e naturalmente acconsentiamo! Arrivo di corsa e la vedo
da lontano, mi saluta e mi fa i complimenti. Heros accende il telefonino e
riprende. Roberta mi chiede le impressioni da “dentro la gara”, rispondo
abbastanza lucido, mi ringrazia e ci salutiamo non prima di aver fatto una foto
ricordo che finirà presto in rete. Che bella cosa! Una scarica di adrenalina
importante. Mi rendo conto che sto compiendo qualcosa di grande, ripenso subito
alla mia vita precedente alla corsa, al mio essere sedentario, sovrappeso e
anti sportivo. Incredibile.
Mentre penso a tutto questo entriamo a Spotorno.
Signori, siamo al km 200. Siamo a 28 ore e rotti di gara. E’ la terza volta
nella mia vita che raggiungo questa incredibile distanza. Le altre due volte
però, giunto qui ero alla fine dell’avventura (212 km al Balaton, 203 km a
Cesenatico). Ora l’avventura è ancora nel pieno. Mancano 85 eterni km, ho già
corso 5 maratone consecutive e ne mancano ancora due. C’è chi dice che
bisognerebbe correrne al massimo una all’anno!
La corsa prosegue, ogni tanto alternata alla camminata veloce. Si va
avanti, le ore del sabato scorrono via una dopo l’altra così come scorrono i km
sotto le nostre suole. Il morale è alto, anche perché viene raggiunto il
fatidico km 212. Non mi fermo e lo supero di slancio. Sembrava impensabile ma anche
questo limite è stato spostato. Siamo al km 213, mai prima d’ora ero arrivato
fino a qui.
Le gambe iniziano a farsi sentire, le vesciche mi stanno dando enormi
problemi, ho un inizio di fascite plantare. Ad ogni appoggio ho male ma non
posso mollare, devo correre come se non ci fosse un domani. Ho difficoltà a
gestire le forze perché non ho mai un riferimento chilometrico, non capisco mai
con esattezza quanti km possano mancare ai vari checkpoint e questo mi turba
non poco. Siamo ormai nel tardo pomeriggio di sabato e questa gara mi sembra
(ed in effetti lo è) infinita. Devo arrivare al secondo cancello orario a
Loano, al km 221. Pare che manchino circa 5 km, faccio due conti e dovrei
arrivarci bene e con un buon vantaggio sulla tabella di marcia. Purtroppo però
leggo su un cartello stradale un’indicazione che mi butta nello sconforto più
totale: “Loano km 11”.
In assoluto è il momento più buio di tutta la gara, la crisi più nera.
Non siamo nemmeno a Finale Ligure, ci può stare che manchino 11 km a Loano.
Non mi capacito dei calcoli fatti finora, delle proiezioni sul cancello orario,
delle distanze. 11 km dopo averne corsi oltre 200, sono un’eternità. Oltre
un’ora e mezza di sofferenza, se corri bene. Cominciano i pensieri negativi,
penso di arrivare con troppo poco margine sul limite di tempo massimo. Penso
che dovrò essere veloce se voglio arrivare a Sanremo entro le 48 ore.
Ma come faccio ad essere veloce che le vesciche mi stanno massacrando?
Come posso correre bene che ad ogni appoggio vedo le stelle dal dolore?
Sono avvolto in una delle crisi più grosse che abbia mai vissuto da quando
corro, altro che km 192 al Balaton, altro che colle Perticara in Romagna!
Chiedo al team di chiamare l’organizzazione per avere delucidazioni sul
checkpoint, su quanto possa mancare ad esso da dove ci troviamo noi ora. Voglio
saperlo e voglio un dato preciso per una volta. Il team e l’organizzazione però
non si capiscono e non arriva nessuna distanza certa, si parla di “una decina
di km”. Se prima ero nello sconforto, ora ancora di più.
Proprio nel momento più grigio incontro sulla strada Giorgio che si trova
lì in vacanza. Ha comprato delle focacce per me, le ha date al team che me le
passerà più tardi. Ora non ho fame, ho ben altri problemi in questo momento.
Giorgio corre al mio fianco per un paio di km, mi dice che mi vede bene e che
sto correndo forte. So che non è vero ma in quel momento mi fa molto piacere
sentire quelle parole, a gara finita sarà uno dei ricordi più belli e non perdo
mai occasione per dirglielo. Con lui ci sono Anna (alla quale ho chiesto un
ulteriore sforzo per poterla avere con me fino a Loano), Nico vestito con una
maglietta da Superman e soprattutto Luca.
Luca è il più tecnologico del gruppo, ha con sé il telefono e compie un
gesto semplicissimo, a cui nessuno aveva pensato prima, ma che cambierà
totalmente la mia gara: accende il gps, trova la nostra posizione e inserisce
l’indirizzo preciso del checkpoint. Il gps fa il calcolo della distanza al
millimetro, Luca guarda ma non mi dice nulla. Non riesce a capire se quel
numero mi possa esaltare o sotterrare del tutto. Mi dice che secondo lui è un
bel numero, ho qualche timore ma mi fido e gli chiedo di saperlo. Ciò che mi
dice subito dopo è la cosa più bella che potesse capitarmi di sentire in quel
momento: 3,4 km al checkpoint.
Rinasco, mi arriva una scarica di adrenalina nei muscoli, il morale schizza
alle stelle, i calcoli erano corretti, il cartello probabilmente considerava la
statale e non la pista ciclabile. Non lo so ma non mi interessa, ciò che conta
è che manca poco al secondo cancello orario e ho una fottuta voglia di correre
fino a lì.
Luca non lo sa ancora ma con un semplice gesto mi ha rimesso in piedi, ha
resuscitato le mie forze, mi ha buttato di nuovo in pista.
Questa è l’ultramaratona, prendere o lasciare.
L’ultramaratona ti toglie tutto fino all’ultima virgola, ma con la stessa
forza ti ridà di più di quello che ti ha tolto. Ed ogni volta ne esci più forte
di prima.
Corro come un matto, a poche centinaia di metri dall’ennesima sede della
Croce Rossa guardo il cronometro. Il tempo massimo era di 34 ore, siamo a 31
ore e 50 minuti. 2 ore e 10 minuti di vantaggio su un limite orario già di per
sé “largo”. Scoppio in un pianto di gioia liberatorio, non mi fermo più, mi
sfogo, butto fuori tutto. Batto un cinque a Luca che mi guarda incredulo,
abbraccio Nico, abbraccio a lungo Anna. Per stare al mio fianco lei ha corso
per 59 km consecutivi! Non ha spostato il suo limite, lo ha frantumato. Non mi
ha lasciato solo un attimo, mi ha parlato, mi ha portato l’acqua. Questa cosa
mi commuove ancora di più e continuo a piangere.
Con le lacrime agli occhi entro al checkpoint di Loano, secondo cancello
orario, km 221.
Mi dicono che sono ottavo in classifica generale.
I volontari della Croce Rossa, che stanno medicando un concorrente con le
caviglie molto gonfie (che si ritirerà), vedendomi in quello stato mi fanno la
solita domanda: “ti ritiri o vai avanti”?
Io, che ancora ho l’adrenalina che mi scorre a fiumi nelle vene, rispondo
con una frase che mi viene da dentro e che fa restare di stucco i presenti. Con
una feroce lucidità dico “per fermarmi ora, mi dovete abbattere”.
In quel preciso istante, dicendo quelle parole anche per darmi coraggio,
realizzo che ce l’ho fatta.
La strada è ancora lunga, lunghissima. Mancano 64 km a Sanremo ma so che ci
arriverò, vincerò la mia sfida.
Mi passano al telefono Andrea Squeo che da Novara è in fibrillazione, ha
continuato a seguirmi ininterrottamente. Ha più volte contattato il team, ha
chiesto notizie, le ha date alle molte persone che lo hanno chiamato per
saperle. Lo saluto e gli dico che sto bene, ora per davvero.
Mi dicono inoltre che Rada ed il resto del gruppo sono arrivati in treno a
Sanremo e mi aspettano. Questa stupenda notizia mi scalda il cuore, sono
onorato di averli all’arrivo. Ora sono pronto ad affrontare la seconda,
lunghissima, storica notte di gara.
Esco dal checkpoint, è buio. Ora tocca al grande Spike correre con me.
Anche lui sta preparandosi alla 100 km del Passatore e nel programma ha un
bell’allenamento lungo notturno. Anche Ilaria vuole ritornare in strada.
Riprendiamo a correre dopo un km di camminata veloce, è un buonissimo momento e
le gambe inaspettatamente vanno a meraviglia. Riesco a farmi 8 km a buon ritmo,
è incredibile. Non so dove riesca a trovare le forze, i km che ho addosso sono
quasi 230.
Ho problemi di vesciche ma muscolarmente sto benone, non ho nemmeno acido
lattico. Ho male ad ogni singolo appoggio ma cerco di non pensarci.
Ilaria ci precede, nelle ultime ore è stata attaccata al telefono con gli
organizzatori, non vuole assolutamente che sbagliamo strada. Ad Albenga c’è una
deviazione e si lascia l’Aurelia per tornare sul lungomare. Vuole scortarci
almeno fino a lì. Gli indumenti super tecnici che ho addosso non mi fanno
sentire il freddo della notte ed il meteo fino ad ora ci ha graziato, speriamo
che tenga ancora per qualche ora.
Arriviamo ad Albenga e, come da road book, lasciamo la statale per entrare
nel centro della città dove si sta svolgendo una notte bianca. Bancarelle,
luci, salamelle, gente in giro tra negozi aperti. Poi ci siamo noi, che ai loro
occhi dobbiamo sembrare degli extraterrestri a giudicare dalle facce che hanno
quando ci vedono passare. Incontro un altro concorrente che in realtà non
sembra molto lucido, lo esorto a parlare ma dalle sue risposte capisco che non
ne ha più soprattutto di testa. Dice due parole confuse, poi cambia passo e se
ne va. Io vado al mio ritmo, so che entro breve lo rivedrò. In quelle
condizioni non andrà molto lontano.
Si alterna corsa e camminata veloce, ormai è un must. Un’auto va avanti di
qualche km per permettere a parte del team di riposare. Ilaria ci saluta dopo
un’altra enorme prova di forza, chiude con 80 km totali nelle gambe e con una
presenza lucida che stupisce gli altri ragazzi del team.
Lo stomaco è chiuso e mi dà noie, non riesco a digerire e quindi a mangiare
nulla ma allo stesso tempo inizio ad avere i crampi dalla fame. So per certo
che il team ha comprato della bresaola che è l’unica cosa che riesco ad
ingerire senza particolari problemi, quindi ne chiedo un po’. Purtroppo la
bresaola è nella macchina che si è spostata più avanti ed i ragazzi che stanno
dormendo non rispondono al telefono. Onestamente potrei anche farne a meno e
trovare altro da mangiare ma i miei amici non vogliono farmi mancare proprio
nulla e si adoperano per trovare questa benedetta bresaola (che diventerà un
tormentone finita la gara).
La strada continua con saliscendi spacca gambe, ne conto oltre 10. In
pratica, ogni paese della Liguria che incontriamo è racchiuso da due promontori
e la lingua d’asfalto segue inesorabile queste atroci (per le mie gambe)
pendenze.
Stiamo correndo bene quando ad un certo punto, in piena notte, dal nulla
vedo sbucare una sagoma che mi viene addosso e mi bacia sulla guancia. Sono stupito,
poi sento una voce dall’accento milanese inconfondibile: quel pazzo di Walter è
partito da Milano e, come promesso, mi ha raggiunto per condividere con me un
pezzo di strada. Mi fa un enorme piacere, lui è in forma e bello sveglio così
ci rallegra tutti con la sua simpatia. Si piazza in testa al gruppo e ci fa
strada illuminando la notte con la sua lampada frontale.
Girata l’ennesima curva, vedo il concorrente che avevo incontrato ad
Albenga. Non è messo bene, è in evidente stato confusionale e blatera parole
strane. Dice di lasciarlo a morire lì. Chiedo a Spike di contattare
immediatamente la sua squadra che in realtà è composta da una sola persona. Gli
dico che c’è margine, che può riposarsi e riprendere la marcia più tardi ma lui
non c’è proprio. Si ritira,peccato.
Ringrazio la mia scelta di avere un grandissimo team di supporto, da solo
mi sarei ritirato anche io.
Passano un paio di km e Nico, commovente, trova della bresaola gentilmente
offerta da un altro team. Si è sbattuto per me e questo mi rende orgoglioso.
Sono felice di avere degli amici così. Mangio voracemente tutta la porzione e
riprendo la corsa.
Superiamo Alassio, Cervo e Laigueglia. La notte è ancora lunga ma teniamo
botta. Ho un male cane ai piedi, anche solo appoggiarli per terra mi provoca
forti dolori. Le vesciche sono tantissime e anche quelle mi danno un enorme
fastidio. Ho sbagliato scarpe, o meglio ho valutato male la gestione dei
moltissimi km da percorrere. Ogni tanto
sono costretto a fermarmi per evitare l’appoggio, è la prima volta che mi
succede una cosa del genere. E’ anche la prima volta che corro per oltre 240
km.
Oltre i 240 km, sì. Facciamo un calcolo veloce perché ci tengo a fare una
piccola celebrazione. Ci penso da quando mi sono iscritto a questa gara.
Aspetto l’esito del calcolo con viva trepidazione, sono emozionato. Guglielmo,
il re dei numeri, mi dà il risultato: siamo al km 245, ancora uno e si
festeggia. Decido di correrlo per onorare questo importantissimo (per me)
traguardo. Non ne ho quasi più, ma lo corro forte lo stesso. Non posso non
correre. Al suono del Garmin di Guglielmo, che sancisce il km appena passato,
ci fermiamo e chiamiamo tutto il team a raccolta.
Sono arrivato al mitico km 246, la distanza tra Atene e Sparta, quella
percorsa da Filippide, il primo ultramaratoneta della storia ed oggi rivissuta
grazie alla Spartathlon. Per arrivarci, in Grecia danno 36 ore di tempo
massimo. Io sto correndo da 38 ore. Poco male, magari a Sparta non ci andrò mai
ma il ciccione del divano questa notte ha percorso gli stessi km di Filippide e
questo mi basta. Ci riuniamo in cerchio e urliamo tutti insieme. “Questa è
Sparta”! Che spettacolo!
Sono stanco, non ce la faccio più. Corro con i miei due fedelissimi a
fianco, Guglielmo e Spike. Vado giù di morale, più che altro per la stanchezza
e per il male infernale che sento ad ogni singolo appoggio a terra. Loro mi
incitano ma io mi incupisco al solo pensiero di dover correre ancora quasi 40
km. Ho superato la sesta maratona consecutiva, ne manca meno di una ma questo pensiero
per ora non mi rallegra. Mi lamento, ma loro non dicono una parola e mi
sostengono. Walter ritorna con noi dopo un pezzo di strada fatto in auto.
Arriviamo alla cosiddetta “incompiuta”, una strada che costeggia il mare ma
che non essendo mai stata terminata, non consente l’accesso alle auto quindi il
team deve percorrere un’altra via e ci raggiungerà solo alla fine della stessa.
Non so quanti km siano e non lo voglio neanche sapere. Il suono del Garmin di
Gully indica ogni km percorso e mi sembra che suoni abbastanza spesso. Ho sonno
ma cerco di non dormire, non ci voglio pensare. Ogni tanto canto per tirarmi
su, ma davvero sono ai minimi storici di forza. La strada è maledettamente in
salita, non molla neanche un metro.
Il momento è durissimo, ho un’altra crisi infinita.
Comincio a pensare che le ore a disposizione sono poche, ma Gully mi dice
di stare tranquillo e che abbiamo un buonissimo margine. In realtà so di avere
tempo sufficiente per arrivare a Sanremo, ma la stanchezza mi fa annebbiare
questo pensiero. Spike e Gully non indietreggiano di un millimetro, mi
ricordano tutte le frasi motivazionali che in questi mesi ho usato con loro e
me le “ritorcono” contro! Li ho aiutati a vincere le loro sfide ed ora loro
sono al mio fianco per aiutarmi a vincere la mia. Ho un tourbillon di emozioni
che neanche so spiegare, sono allegro, poi triste, poi di nuovo allegro. Sono
comunque sempre sul pezzo e questo mi dà forza.
La maledetta incompiuta finalmente finisce, ritorniamo nel mondo dei vivi
dopo parecchi km nel nulla più assoluto. Vedo le auto del team che mi
aspettano, Ilaria e Anna sono al telefono per avere esatte indicazioni per il
checkpoint di Imperia. L’ultimo.
Il cartello con la scritta “Imperia” me lo trovo davanti di lì a poco, sono
talmente stanco che quasi non me ne accorgo. Siamo in una situazione surreale:
è notte fonda, ad Imperia non c’è anima viva ed io sembro uno zombie che
cammina. Chissà che faccia che ho, non ho coraggio di guardarmi allo specchio.
Passa una coppia di signori, lei mi guarda:
“Ma è una gara?”
“Sì, signora!”
“Scusi ma che gara è?”
“La Milano-Sanremo, signora”
“No, dai seriamente. Che gara è? Una notturna qui ad Imperia?”
“Signora, seriamente. Sono partito l’altro ieri da Milano”
“Ma la smetta, è impossibile!”
“Ha ragione, signora. Stavo scherzando. Sì, è una gara notturna qui della
zona”
“Ah, mi sembrava! Bravi! Buona gara allora”
“Grazie signora!”
Non ho voluto proseguire oltre, troppa poca forza per mettermi a discutere.
Seguiamo le indicazioni di Ilaria, arriviamo con non poca fatica al
checkpoint di Imperia, sempre nella sede della Croce Rossa locale. Mi sdraio
sul divano e mi spazzo via in un secondo un piattone di patatine bevo
l’ennesimo caffè. Siamo all’ultimo checkpoint, soprattutto siamo al km 260.
Ancora 25 fottuti km, poco più di una mezza maratona ed è fatta.
Esco e trovo un concorrente un po’ fuori di testa (e chi non lo è di noi?)
che mangia croste di pizza imbevute nell’acqua e che per un po’ sta nel nostro
gruppo. Ha però un passo troppo veloce ed un fastidioso cicalino che suona
continuamente, che lui usa come contapassi. Lo saluto e rapidamente se ne va.
Notte di fortissime emozioni, che diventano ancora più grandi quando, per
la prima volta dalla partenza, leggiamo sulle indicazioni stradali la scritta
“Sanremo”.
Mancano ancora oltre 20 km, ma solo il fatto di leggere quel nome ci
esalta. Chiedo a Gully di prendere il telefono e di cercare su Youtube la sigla
del festival di qualche anno fa. La trova ed iniziamo ad intonare: “se ci vien
voglia di cantare canteremo, perché Sanremo è Sanremo”!
Altra scena surreale: 4 pazzi in piena notte che urlano la sigla del
festival in mezzo alla strada. Emozioni ultra.
Non si molla un colpo, sono rinvigorito nonostante il male sia
insopportabile. Ho anche cambiato le scarpe ma il risultato è lo stesso. Ormai
a Sanremo ci arrivo così. Sì, perché a Sanremo ci arrivo. Non ci son più dubbi.
La seconda notte sta ormai passando, in lontananza si vedono già le luci
dell’alba. Sta per iniziare il terzo giorno di gara, sono oltre 40 ore che sto
correndo e sono consapevole che sto scrivendo un altro bel capitolo della mia
storia. Quando arrivo a San Bartolomeo al Mare non lo realizzo subito. Poco
dopo però mi rendo conto di dove sono arrivato. Ripenso a giovedì, al meeting
pre gara quando, scherzando con Nico ed Anna dopo aver letto il road book,
avevo detto che arrivati alla pista ciclabile finale era fatta, finita.
Ora quella pista ciclabile tanto sognata era lì davanti a me a pochi metri.
La ciclabile San Bartolomeo-Sanremo, proprio lei.
L’ultimo tratto di questa folle e stupenda gara, gli ultimi gloriosi 17 km.
Iniziava lì a dieci metri dalle mie scarpe e sarebbe finita proprio a Sanremo,
al traguardo.
Entrare e calpestare quella pista è stata un’emozione fortissima, difficile
da raccontare. Avevo portato il mio culo fino a lì, da Milano. Da casa.
17 km al sogno, solo 17 km. Meno di una mezza maratona, meno di due giri
del Parco Nord.
Si cammina a passo spedito, si corre quando le gambe lo permettono. Gully
scandisce i tempi e Spike tiene allegra la compagnia. Passano altri km, non so
più neanche io quanti. So solo che sto correndo ininterrottamente da
mezzogiorno di venerdì.
Ne ho lasciati alle spalle, uno dopo l’altro, una marea. Circa 271. Il Sogno è molto vicino, soltanto
14 km mi separano ormai da Sanremo. Il sole è alto nel cielo.
Chiedo per la milionesima volta ai ragazzi dell'acqua. Nonostante le oltre
40 ore sul pezzo, in due secondi vedo spuntare sia a destra che a sinistra due
bottigliette da mezzo litro già sapientemente prive del tappo per agevolarmi.
Il mio team è lì con me, ancora una volta. Fino alla fine.
Succede qualcosa che non mi era mai capitata prima in maniera così
irruenta, nemmeno a Loano: scoppio in un irrefrenabile pianto di gioia. Mi
chiedo cosa possa aver fatto di così buono per meritare tutto questo. Perché 7
ragazzi mi stanno supportando, incitando, aiutando da due giorni senza sosta,
senza chiedere nulla in cambio?
La loro prontezza, il loro ottimo servizio, il loro essere così amici mi
commuove fino alle lacrime. Perdo la corazza del duro e mi lascio andare.
Questi ultimi 14 km me li mangerò, li distruggerò uno dopo l'altro fino al
trionfo.
In quel preciso momento realizzo che ce l'ho fatta, anche se stavolta è
diverso. Sarebbe più corretto dire "ce l'abbiamo fatta". Senza di
loro, senza i miei amici, non sarei andato da nessuna parte.
Spike sente un fastidio al ginocchio e torna in macchina, giusto così. Ha
un impegno importantissimo e deve essere al meglio. Porta comunque a casa 75 km
e svariate ore sulle gambe, enorme la sua prestazione.
Resto da solo per qualche km con Gully, proprio lui.
Mi fa ridere questo ruolo invertito tra noi. A Venezia, alla sua prima
maratona, l’ho trascinato di forza al traguardo. Ora è lui che trascina me, di
forza a Sanremo. Questi momenti uniscono come nessun’altra cosa, la fatica
accomuna e crea un collante eterno. Gully è emozionato almeno quanto me, so che
anche per lui il traguardo sarà fantastico.
Dico al team di avvisare Rada, si deve preparare per essere a Sanremo per
tempo. Manca poco e sono emozionatissimo. I ragazzi del team chiamano gli amici
che sono giunti fino a Sanremo per aspettarmi all’arrivo, alcuni di loro
vogliono venirmi incontro ma preferisco di no. Dopo una gara del genere voglio
stare da solo per l’ultimo km.
Si aggiunge a noi anche Nico, pure lui ha corso tantissimo. Insieme vediamo
da lontano il settimo concorrente in classifica, quello delle croste di pizza.
Non ne ha più. Gli chiedo cosa vuole fare, non voglio certo fare una volata
dopo 285 km! Mi dice di andare perché non riesce quasi a camminare, lo
ringrazio, lo saluto e, in maniera inspiegabile, inizio a correre forte.
Siamo ad oltre 280 km di gara e sto correndo forte!
Mi chiedo come sia possibile, non me lo so spiegare.
Rallentiamo, ad un certo punto Nico mi chiede qual è la mia sensazione in
quel momento. Non so cosa rispondere, poi ho un’illuminazione. Gli dico: “io
sono ancora qua”.
Ecco trovata la colonna sonora della UltraMilano-Sanremo (così come era
capitato per le altre due gare sopra i 200 km): “Eh già” di Vasco Rossi. Gully
la cerca subito su internet ed ascoltarla lì, in quel preciso momento, è indescrivibile.
Faccio chiamare Anna e Ilaria che hanno il compito di portarmi la maglia
Meetab, il cappellino giallo e la bandiera della Via della Felicità.
Ci siamo.
Mancano due km, vedo Sanremo. Urlo “Sanremo è a vista!” imitando Franco
Bragagna ad Atene in occasione dell’oro olimpico di Baldini. Vedo addirittura
le barche dello Yacht Club, sede dell’arrivo.
Gully corre incontro ad Ilaria e Anna, Nico sta con me. Vivo un’euforia mai
provata prima.
Le vedo, là davanti a me. Le saluto, mi fermo. Indosso maglia e cappellino,
stringo forte in mano l’immancabile bandiera della Via della Felicità che ha
tagliato con me tutti i traguardi.
Nico, Gully, Ilaria e Anna corrono via e resto solo.
Manca solo un km, il mio km.
Il km della gloria.
Inizio a correre, il cuore batte all’impazzata. Il sangue circola nelle
vene a velocità doppia. Mi si avvicina un podista che mi dice che sta
completando il suo allenamento domenicale. Mi chiede se mi può stringere la
mano, naturalmente gli dico di sì e lui stringendomela mi dice “sei grande”.
Lo ringrazio e sorrido, non capisco più niente.
Passo davanti ad un bar, 10 persone fuori da esso urlano “Simone sei un
mito”, sarà passato Heros penso!
Poi, il momento più atteso. A cento metri da me vedo Rada, inizio a
sventolare la bandiera. Lei piange commossa, un pianto vero, grande. Le corro
incontro, le bacio il pancione e dico al piccolo Alexander che papà ce l’ha
fatta, che gli dedica tutta la fatica alle spalle ma che ora è contento di
essere lì da lui.
Riprendo la corsa, vedo Michele Graglia che mi aspetta. Appena si accorge
del mio arrivo, corre verso il traguardo per riprendermi con il telefono.
Continuo a non capire più nulla, poi finalmente lo vedo davanti a me.
Bellissimo, sognato, sofferto, fortemente voluto ed ottenuto con una forte
volontà.
Il traguardo della
UltraMilano-Sanremo dopo 285 km di corsa no stop.
A due metri da esso mi fermo, il frastuono degli amici è assordante tra
voci, cori e trombette. Faccio segno di fare silenzio per un attimo. Poi metto
le mani alle orecchie e ascolto.
Per noi questo ha un significato enorme.
Penso a tutti quelli che hanno parlato a vanvera in questi mesi, sono lì ed
ancora una volta la strada ha dato la sua sentenza. Poi urlo di nuovo “io sono
ancora qua”.
Batto un cinque a Michele e passo la finish line passeggiando.
285 km in 45 ore, 4 minuti e 59 secondi.
Lucida follia.
Prendo la bandiera, la distendo per terra e come di consueto eseguo 10
flessioni con conteggio scandito dagli amici. Mi alzo, li vedo e urlo con tutta
la forza che mi è rimasta in corpo. Poi li abbraccio tutti, uno per uno. Quelli
del team, quelli venuti apposta da Novara, Rada, Michele, tutti.
Ricevo dalle mani di Michele Graglia il trofeo destinato ai finisher,
chiudo settimo assoluto.
Facciamo tantissime foto, partono cori, di nuovo abbracci, un casino
incredibile. Lo Yacht Club è tutto nostro, siamo i padroni assoluti di Sanremo.
Dopo 10 minuti senza capirci nulla, vado a farmi la doccia. Le vesciche
sono un disastro, ne conto 12. Le gambe stranamente stanno bene. Esco, mi siedo
con i ragazzi sui divanetti in attesa delle premiazioni, mi si apre lo stomaco
e ho una fame assurda. Pino va con Christian a comprare delle focacce. Me ne
mangio 10!
Probabilmente per qualche anno il cerchio resterà chiuso, avrò altre
bellissime priorità. Fino a qui ci sono arrivato, quello che succederà più
avanti ancora non lo so. Certo, questa gara mi è rimasta nel cuore e mi
piacerebbe dare una mano a Michele ed al suo team per farla crescere ancora di
più. Magari si potrà correre a staffetta, vedremo.
Per essere arrivato a questo traguardo ho una serie infinita di
ringraziamenti da fare.
Grazie al piccolo Alexander in arrivo, il pensiero dolce di mio figlio mi
ha dato una forza enorme nei momenti più duri. Ho pensato tanto anche ai miei
nipotini Mattia e Nikola, che aspettano il cuginetto.
Grazie a mia moglie Rada, la mia prima tifosa. Perché mi dà la giusta serenità
per affrontare imprese del genere e perché “sopporta” tutti gli allenamenti che
mi impegnano durante l’anno. Averla all’arrivo è un valore aggiunto enorme.
Grazie alla mia famiglia, sempre in contatto via sms. E’ bello sapere che tifano
tanto per me.
Grazie ai ragazzi di Meetab, che hanno creduto in me e che mi sostengono
sempre con disponibilità e profonda stima. So di poter contare su di voi
Grazie a Locauto e pizzeria Da Tony che mi hanno supportato in questa
follia.
Grazie ai ragazzi di Novara Che Corre che con i loro messaggi scritti e
audio e con le loro telefonate, mi hanno spinto fino a Sanremo. Il vostro tifo
è stato per me fondamentale.
Grazie a Edoardo Marvaldi, per la nostra chiacchierata dopo la gara. Il
futuro della Milano-Sanremo è roseo grazie a persone come te.
Grazie a Joao Oliveira, il grande campione, perché mi ha fatto sentire uno
del gruppo.
Grazie al mitico Michele Graglia, uomo dai modi gentili e dalla
disponibilità infinita. Ha lottato per il suo sogno, che è anche il nostro. Ha
superato critiche (giuste per la passata edizione), si è rimboccato le maniche
ed ha lavorato sodo ed oggi la sua gara è viva ed è bellissima. Onorato di aver
fatto parte dell’edizione di quest’anno, dal prossimo ti aiuterò nelle varie
logistiche.
Grazie a tutti i volontari presenti sul percorso per 48 ore consecutive,
encomiabili e grandissimi.
Grazie a Roberta per la stima, che è reciproca e per la bella intervista
volante.
Grazie a tutte le persone che sul percorso mi hanno incitato, urlato,
chiamato per nome e tifato per me.
Grazie a tutte le persone che in quelle 45 ore hanno pensato a me almeno
per un momento, ho ricevuto oltre 1500 messaggi!
Grazie a Sara, Francesca, Pino, Christian, Walter, Giulio. Mi sono commosso
nel vedervi all’arrivo, mi sono commosso a sapere che eravate lì per me. Questo
vostro gesto vale più di mille parole, ma a noi le parole non servono. Grazie
davvero di cuore.
Grazie ai gufi, ai chiacchieroni, a quelli che dicono che non si può fare,
a quelli che non va mai bene niente, a quelli che mi hanno attaccato anche
gratuitamente, a quelli che non mettono un “mi piace” manco a morire (non che
me ne freghi nulla): mi spiace, anche stavolta vi ho deluso. Eppure la posta in
gioco era altissima, niente da fare. Riprovate.
Ed infine il ringraziamento più grande lo faccio ai 7 eroi che sono stati
con me dal primo all’ultimo metro lungo tutta questa enorme ed indimenticabile
avventura. A voi dedico questo traguardo che senza di voi non ci sarebbe mai
stato, a voi dedico quell’arrivo a Sanremo. La mia impresa è soprattutto
vostra.
Quindi semplicemente GRAZIE.
Grazie a Heros
Diliberto, detto “Lo Zio”. Capitano di mille battaglie, unico, re degli
accompagnatori. Hai vinto anche stavolta con il tuo inseparabile megafono. Nonostante qualche problemino, hai voluto esserci e questa è una grande cosa.
Grazie a Nicola De
Marco, detto “Nico”. Fortemente voluto, uomo d’ordine. Modi gentili in un
fisico d’acciaio. Davvero l’uomo giusto al posto giusto, sempre sul pezzo, mai
una parola fuori posto. Sapevo che avrebbe avuto un ruolo di equilibrio fondamentale e così è stato. Sei una garanzia assoluta.
Grazie ad Anna Cordero,
semplicemente “Anna”. Enorme, ha preso sul serio la gara ed è stata sempre al
mio fianco, senza mai farmi mancare il suo appoggio. L’ho voluta per questo e
non avevo dubbi. Possiamo dire di aver fatto anche questa e, sinceramente, stavolta era impensabile. 13 anni di feeling come nessun'altro.
Grazie a Stefano Cimino,
detto “Spike”. Casinista, sempre sul pezzo, vigile nelle rotonde,
ultramaratoneta, mai un momento di buio, sempre al mio fianco. Una testa così, ricorda me all'inizio. Tanta strada fatta ma soprattutto tanta strada da fare, il mio "braccio destro armato". Ti toglierai tante soddisfazioni.
Grazie a Luca Musoni,
detto “Luke”. Il tecnologico del gruppo, ha l’enorme merito di darmi la più
bella notizia nel momento più brutto. Immenso. Ha lavorato tantissimo anche e soprattutto prima della gara, un aiuto concreto e preziosissimo.
Grazie a Guglielmo
Catanese, detto “Gully”. L’ha sentita più di tutti, sempre al mio fianco anche
lui, ha gestito un milione di mie domande ed è stato con me fino all’ultimo km.
La sua commozione al traguardo è quella di tutti noi. Davvero una bellissima scoperta, un cuore d'oro in una grande persona. La corsa è bella anche perchè ti fa conoscere persone così.
Grazie ad Ilaria
Balletta, detta “Ilary”. Cosa dire? Non so più cosa dire! Stoica, leggendaria,
un mostro, sempre tremendamente lucida, 80 km sulle gambe e non sentirli. Al
mio fianco in quella prima indimenticabile notte. Se voglio sicurezza, certezze, compagnia, follia so chi chiamare, lei risponderà sempre "presente".
Gli amici sono come le pareti. A volte ci si
appoggia su di loro, e altre volte è fondamentale solo sapere che ci sono.
(Anonimo)
(Anonimo)
ASSOLUTAMENTE MITICO.
RispondiElimina...e poi un racconto emozionante!
due sole parole che hai scritto tu: lucida follia.io ne aggiungo un'altra: grandissimo
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